Età insulsa 20 anni…si ama da matti e sembra normale; ogni cosa da fare è l’ultima; il tempo non ha valore; adesso vale, altri avverbi non sono contemplati; si è divorati da ansie inesauribili e devastanti; i sentimenti degli altri appaiono sfocati e irrimediabilmente vecchi e tutti, tutti, proprio tutti sentono l’urgenza di cambiare il mondo. Poi per fortuna passano i 20 anni… e si inizia ad amare meglio; si fanno scelte che coinvolgono insieme cuore, testa e corpo; gli altri iniziano ad apparire come persone dotate di pensieri degni di essere ascoltati e capita di meravigliarsi a pensare che avere 40 anni è meglio che averne 20 e poi capiterà che averne 60 sarà meglio dei 40 e così via… comprendendo alla fine che 20 anni è stato solo l’inizio e il verbo cambiare si è trasformato in migliorare.
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Addio ad un collega
Ieri abbiamo salutato un collega,
non come ogni mattina da dieci anni,
per sempre!
All’estremo saluto,
non preventivato,
e già questo è strano per una persona precisa come lui,
eravamo tanti.
Alcuni in fondo,
altri sulla navata centrale,
altri in piedi.
Tutti colpiti per la precipitosa fuga,
tutti meravigliati per non essere stati avvisati prima,
tutti con un’urgenza di parlargli che prima non avevamo mai avuto.
E non potevamo dire niente!
Noi che avremmo saputo dire cose precise sul suo conto,
cose documentate da anni di regolare convivenza giornaliera,
noi colleghi, né parenti, né amici, non siamo previsti come voce narrante.
Alla stregua di amanti nascoste e mai dichiarate,
abbiamo assistito in disparte agli ultimi riti mortali,
senza diritti ufficiali, né consolazioni familiari.
Restano ricordi da evocare in orario ufficio.
Resta una scrivania sgombra e dei cassetti vuoti.
Resta la certezza, arrivata postuma, che era un uomo.
Semplice e complesso, antico e moderno. Un uomo.
Quella storia
C’era, in quella storia,
qualcosa che viveva.
Era un fantino che galloppava
appoggiandosi in sella e saltando ostacoli,
in una gara senza pubblico
e senza partecipanti.
Una meta a venire.
C’era silenzioso, un continuo cercarsi,
null’altro.
Così era quella storia.
Composta di due elementi soltanto.
Null’altro visibile
Viveva e si nutriva di sè,
quella storia.
MIDDLESEX di Jeffrey Eugenides
Prima di iniziare a parlare del libro, vorrei parlare dell’autore, Jeffrey Eugenides. Questo scrittore ha oggi 55 anni, è professore di scrittura creativa presso l’Università di Princeton ed ha scritto nella sua carriera di scrittore 3 romanzi:
- Le vergini suicide del 1993, dal quale è stato tratto un celebre film di Sofia Coppola;
- Middlesex del 2002;
- La trama del matrimonio del 2011.
Entrambi i 3 libri possono essere considerati romanzi di formazione, romanzi attraverso i quali si dirama la via e le trasformazioni che accompagnano la vita di ciascuno di noi dall’infanzia verso la vita adulta. Dei tre, ho scelto Middlesex perché meglio rappresenta, oltre che il cammino per diventare adulti, anche il passaggio da un genere ad un altro. In questo libro, la diversità di genere, la differenza tra maschile e femminile si annulla, perché entrambi i caratteri, entrambi i generi sono assommati in un’unica persona.
L’incipit del romanzo è straordinario:
Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan.
Ma la storia di Calliope prima e di Cal dopo, non decolla subito. La prima parte della storia si concentra sul passato della famiglia Stephanides e siamo a Smirne, nel 1922. La guerra greco-turca raggiunge l’apice nell’agosto del 1922 e Smirne, oggi Izmir, città che affaccia sul Mar Egeo, viene riconquistata dai turchi e viene data alla fiamme. I greci, gli armeni e gli stranieri residenti nella città cosmopolita sono trucidati. Le vittime sono 30.000 su una popolazione di 370.000. I rifugiati che scapperanno dalla città sono 250.000 circa. Tra questi vi sono i nonni paterni di Calliope.
Lefty e Desdemona, però, non sono due fratelli come gli altri. Sono rimasti orfani da qualche tempo e vivono soli ai margini di in un paese che si chiama Bitinio. L’adolescenza e le pulsioni d’amore li colgono entrambi alla sprovvista. A proprio modo, cercano di resistere ma la situazione straordinaria di guerra nella quale si trovano e la pressoché certezza di morte li pone davanti ad una scelta fuori da ogni schema: se si imbarcheranno vivi verso gli Stati Uniti, si ameranno per sempre. Il tabù è rotto. E la città di Detroit li aspetta. Sulla nave che li porta nel nuovo mondo si danno un’identità nuova e si sposano.
Cal, uomo adulto di 40 anni, ripercorre passo passo la vita dei nonni e, in questo peccato originale che li unisce, identifica la strada che percorrerà il gene “bacato” che ha dato origine alla sua diversità.
Nel mentre, la storia di sposta sull’incontro di Cal con Julie Kikuchi, un’artista asiatica che incontra a Berlino, città dove Cal vive e lavora. Almeno fino a quando il suo lavoro per il Dipartimento di Stato (Foreign Service) non lo porterà in un’altra città, in un altro posto. Perché la vita di Cal rispecchia il suo essere. Cal è un pseudoermafrodito, una persona con entrambi i caratteri genetici sessuali, sia femminili che maschili. Questa sua particolarità lo rende diverso. La diversità lo spinge ad una continua ricerca di se stesso, in bilico tra maschile e femminile. Ma questa ricerca, come può sembrare ad una prima lettura, non va verso la normalità o almeno verso quello che solitamente tutti consideriamo normale. Cal non aspira ad essere né femmina, né maschio. La ricerca di Cal è verso un punto di equilibrio tra i due generi che gli permetta di essere l’unica cosa che veramente è, cioè SE STESSO. Unico.
Come poi unici risultano nelle loro diversità tutti i protagonisti del libro.
Lefty e Desdemona sono fratelli che si amano da marito e moglie ed hanno due figli.
Sourmelina, nonna materna di Cal, è una donna che ama altre donne e, dopo, una vita a nascondere il suo segreto, sceglie di vivere finalmente libera. Lontana ma libera.
Julie è una donna che attrae i gay e soffre il suo corpo androgino. Cito le sue parole dirette a CAL:
“Le asiatiche sono l’ultima fermata. Se un uomo si sente al bivio cerca un’asiatica, perché abbiamo un corpo che somiglia di più a quello dei maschi”.
Detroit, una delle maggiori città industrializzate degli USA, ma nella quale si accendono rivolte razziali cruente. La rivolta del 1967, nella quale la piccola Calliope, è inconsapevolmente partecipe, vede Detroit devastata con un bilancio di 43 morti, 1189 feriti e più di 2 000 edifici distrutti. Ancora oggi, la diversità razziale negli USA è un problema irrisolto.
Padre Mike, zio di Cal, roso da un umanissimo sentimento quale è l’invidia. Milton e Tessie, genitori di Calliope e primi cugini tra loro, si sposano a dispetto di tutti. Chapter Eleven, fratello di Cal, che per primo accoglie il giovane uomo con una fraterna pacca sulla spalla e, aiuta, con la sua accettazione la famiglia ad accettare il nuovo arrivato, sorto dalle ceneri di Calliope.
Tratti dal libro : La normalità:
Avevo sbagliato a giudicare Luce. Pensavo che dopo avermi conosciuto avrebbe deciso che ero normale e mi avrebbe lasciato in pace. Cominciavo ora a capire qualcosa della normalità, la normalità che non è normale. Non poteva esserlo. Se la normalità fosse stata normale, l’avrebbero lasciata tutti in pace. Si potevano mettere tutti quanti comodi e lasciare che la normalità esprimesse se stessa. Invece le persone – soprattutto i dottori – dubitavano della normalità. Non erano sicuri che la normalità fosse all’altezza della situazione e perciò erano poco inclini a incoraggiarla.
Accettazione:
Piano piano, venne a sapere i dettagli della mia condizione. La sua reazione fu più blanda di quella dei miei genitori, il che permise loro, o almeno a Tessie, di cominciare ad accettare la nuova realtà.
Di fronte all’impossibile non c’è scelta, ci si comporta come se fosse normale.
Abitudine
Vorrete sapere: come ci abituammo alla situazione? Che cosa ne fu dei nostri ricordi? Calliope è dovuta morire per far spazio a Cal? A tutte queste domande offro la stessa verità lapalissiana: ci si abitua praticamente a tutto. Dopo il mio ritorno da San Francisco cominciai a vivere da maschio e la mia famiglia scoprì che, contrariamente all’opinione diffusa, il sesso di una persona non è poi così importante.
Quali libri porteresti con te su un’isola deserta?
Domanda che di tanto in tanto leggo o sento in giro. Le risposte sono coltissime e inoppugnabili. Spesso si menzionano libri e testi mai neanche sfiorati. Almeno questa è la sensazione che ho.
Oggi la domanda mi è giunta attraverso la voce telefonica di un’amica che vive all’estero.
Le ho risposto di getto, non si ho pensato su … e lei si è stupita perchè, da me, ha detto, non si aspettava una tale risposta.
Poi abbiamo riso insieme e per un po’ ci siamo perse nei paesaggi desertici dalle dune dorate, passando su spiagge cristalline lambite da acque trasoarenti per ritornare su vette innevate baciate da tramonti rossi di fuoco … il tutto ovviamente con a fianco uno splendido uomo, preferibilmente medico, pirata, avventuriero, uomo d’affari, sempre e comunque richissimo come un nababbo. Accompagnato spesso da una donna bellissima, filiforme e cattiva di suo o incattivita perchè non corrisposta. Poco cambia. Il medico, pirata, avventuriero ecc.ecc. sta solo aspettando che arrivi la donna della sua vita che amerà, venererà costantemente per il resto dei suoi giorni. E se lei è un po’ imbranata, un po’ rotondetta, un po’ insicura, meglio. Così la amerà di più!
Insomma i libri che porterei su un’isola deserta sono: Collezione Harmony in tutte le sue declinazioni, dalla Passion al Romance, passando per History fino al Sensual.
Se fossi su un’isola deserta, potrei fare a meno di storia e letteratura, di epica e di narrativa, di saggi e speculazioni filosofiche. Potrei rinunciare a tutto ciò e continuare a vivire lo stesso.
Ma senza i brividi d’amore, seppur vissuti per interposta persona, sarebbe inutile restare vivi.
Mentire è una virtù
Mentire è una virtù.
Lo so, lo so che non troverò una persona che sarà d’accordo con me, almeno non pubblicamente, e resterò pressoché sola a sostenere la tesi, ma la solitudine intellettuale non mi spaventa. I miei pensieri sono alla ricerca dell’anima gemella da quando hanno iniziato ad avere contezza di se stessi. Ormai si sono abituati. Mentire è una virtù, dicevo. Perché la realtà spesso è diversa rispetto agli angoli da dove la si osserva e ciò che io vedo e considero è un’altra cosa rispetto a ciò che vede e considera anche chi mi sta solo seduto di fronte. Come posso io sostenere quindi una certa cosa, affermando che sia verità, se gli altri la vedono diversamente? Se imponessi la mia visione direi la verità, ma … c’è un però che mi assilla! Potrei offendere l’altro. E questo, il rispetto e la felicità delle persone, mi stanno più a cuore del resto. Preferisco mentire ogni tanto ma vedere un sorriso disegnarsi su un viso, niente di meno di un sole che spunta all’orizzonte in quanto a bellezza. Se poi qualcuno ha bisogno del mio punto di vista, me lo chiede chiaramente ed io glielo do. Alla mia realtà piace essere condivisa, non imposta.
STORIE in 1000 battute ( circa )
Milano, 19 Novembre 2015 – Presentazione libro Middlesex di J. Eugenides
Settimana della Diversity in Telecom Italia
Milano, 19 Novembre 2015
Giovanna Brunitto e Rachele Catanese presentano l’opera Middlesex di J.Eugenides che affronta il tema della diversità di genere, anche attraverso la visualizzazione di due opere d’arte.
Vestiario di Wisława Szymborska
Vestiario
Ti togli, ci togliamo, vi togliete cappotti, giacche, gilè, camicette di lana, di cotone, di terital, gonne, calzoni, calze, biancheria, posando, appendendo, gettando su schienali di sedie, ante di paraventi; per adesso, dice il medico, nulla di serio, si rivesta, riposi, faccia un viaggio, prenda nel caso, dopo pranzo, la sera, torni fra tre mesi, sei, un anno, vedi, e tu pensavi, e noi temevamo, e voi supponevate, e lui sospettava; è già ora di allacciare con mani ancora tremanti stringhe, automatici, cerniere, fibbie, cinture, bottoni, cravatte, colletti e da maniche, borsette, tasche, tirar fuori – sgualcita, a pois, a righe, a fiori, a scacchi – la sciarpa riutilizzabile per protratta scadenza.
101 storie zen di Nyogen Senzaki e Paul Reps
Da 101 storie zen di Nyogen Senzaki e Paul Reps
85. Tempo di morire
Ikkyu, il maestro di Zen, era molto intelligente anche da bambino. Il suo insegnante aveva una preziosa tazza da tè, un oggetto antico e raro. Sfortunatamente Ikkyu ruppe questa tazza e ne fu molto imbarazzato. Sentendo i passi dell’insegnante, nascose i cocci della tazza dietro la schiena. Quando comparve il maestro, Ikkyu gli domandò: «Perché la gente deve morire?».
«Questo è naturale» spiegò il vecchio. «Ogni cosa deve morire e deve vivere per il tempo che le è destinato».
Ikkyu, mostrando la tazza rotta, disse: «Per la tua tazza era venuto il tempo di morire».
IO AMO di Vito Mancuso
Io Amo è uno dei migliori libri del filosofo e teologo, Prof. Vito Mancuso. E’ un libro maturo e pensato che mette in luce la posizione sull’Amore di Mancuso che spesso ha suscitato con le sue idee innovative e non dogmatiche l’ira e la disapprovazione della Chiesa ufficiale.
Il libro, e sono parole dell’autore, è “un tentativo di dire in poche pagine ciò che non basta una vita intera ad imparare”. E per me il tentativo è riuscito. Il libro è profondo eppure discorsivo allo stesso tempo. Il primo capitolo affronta il primo innamoramento che tutti noi ricordiamo per lo stupore che ci ha colti nel trovarci di fronte una persona che con la sua esclusiva presenza ci ha riempito la vita. E tutti ricordiamo quel primo sguardo, quel batticuore, quell’odore, quel sorriso. L’Amore poi è affrontato secondo una visione filosofica e storica. Ci si innamora oggi nello stesso modo nel quale ci si innamorava ai tempi degli uomini di Neanderthal. Dal punto di vista biologico, l’amore che ci coglie è spiegato da una serie di molecole si attivano e ci “fanno stare bene”. Ma è evidente che non tutto è spiegabile da un punto di visto della biologia. Il perché proprio quella persona fa scattare in noi la scintilla dell’amore resta un mistero. E Mancuso individua nel mistero dell’amore, nello scatto segreto dell’innamoramento, la forza suprema che muove il mondo. E che ci mette in comunione, noi piccoli esseri nell’universo, con il grande mistero che muove tutto il creato. La scintilla che misteriosa si dipana dalla materia oscura, di cui è formato la maggior parte dell’universo, e che crea una galassia, un sole, un pianeta è la stessa scintilla che ci muove in una dato momento verso una certa persona. E’ una forza suprema che ci mette in moto e ci attiva.
Consiglio questo libro, in particolare la seconda parte a chiunque voglia comprendere il senso delle vita e regolarlo secondo la forza dell’Amore