Libri: LA TERZA GEOGRAFIA di Carmine Valentino Mosesso

La poesia è scelta politica

Dopo aver letto le ultime poesie di Camine Valentino Mosesso mi è sopraggiunto questo pensiero.

In genere divoro i libri, anche quelli di poesie, li leggo d’un fiato, poi magari ci ritorno, mi soffermo nei punti che più mi sono piaciuti, riprendo le parti sulle quali devo riflettere. Con LA TERZA GEOGRAFIA è accaduto il contrario, mi sono presa del tempo e ho impiegato un paio di mesi per finirlo. Ho gustato ogni pagina, ho riflettuto insieme all’autore, ho risentito echi di vita che pensavo non albergassero più in me.

MI SONO RITROVATA.

La scelta dell’autore è ammirevole, Carmine è un ragazzo di 27 anni che ha deciso di ritornare al paese d’origine, nell’Alto Molise, e dedicarsi alla sua fattoria ritrovando un contatto con la natura essenziale e necessario. Scrive le sue poesie mentre pascola il gregge e mette insieme antico e moderno in una manciate di parole.

La sua scelta è lontana, non potrebbe essere la mia, eppure le sue poesie mi hanno colpito profondamente e sembrano scritte apposta per gente come me, gente di città.
Anzi, a dirla tutta, forse ne abbiamo bisogno più noi che coloro che il contatto con la natura non l’hanno mai perso.

Carmine Mosesso ha scritto questo libro per tutti coloro che vorranno leggerlo e che hanno bisogno di ritrovare un collegamento all’intima essenza della quale siamo fatti. La scelta “politica” è avere il coraggio di scegliere, di rinunciare anche e non dimenticare mai che siamo figli della Terra così come tutte le altre creature che la abitano che hanno diritti uguali ai nostri.

Buona lettura e Buona riflessione

La terza geografia

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Progetto Invisibili 2021: IL COLORE DEL NOME di Vittorio Longhi

 … al nome non puoi sfuggire, è inciso come un marchio a fuoco sulla pelle, un segno che non hai scelto e che forse neanche vorresti.

“Il Colore del nome” (2021, edizioni Solferino) di Vittorio Longhi è insieme una storia privata e pubblica. L’autore, attraverso la ricerca delle proprie radici, ci racconta le tappe della “dimenticata” storia coloniale italiana, del razzismo di ieri e di oggi e di identità negate.

In Eritrea, ex colonia italiana, oggi vivono i discedenti nati dalle unioni di italiani con giovani donne eritree. Persone che sentono forti le radici italiani e che vorrebbero veder riconosciuta compiutamente la loro idendità con la cittadinanza italiana. Purtroppo non potendo provare la discedenza italiana, così come prevede la legge attuale, non ne hanno diritto e , nonostante reiterate richieste alle autorità italiane, al momento, non hanno ancora trovato ascolto. Vittorio Longhi con il suo libro offre loro una voce ed è necessario ascoltarla. Quel pezzo di storia italiana non è un passato glorioso di cui fregiarsi, sia chiaro, e la “dimenticanza” nel quale è avvolto non è un caso. Con la fine del fascismo che travolse l’Italia lasciando un paese distrutto e devastato, era necessario tagliare quanto più possibile i ponti e soprattutto le “colpe” del passato per poter trovare, in una sorta di nemesi collettiva  al contrario, la strada per la ricostruzione e la pacificazione del paese. Quindi tutto ciò che appartiene alle colonie, anche le persone, vengono avvolte da una nebbia che ancora le avvolge.
Eppure oggi più che mai, nel nostro paese, abbiamo bisogno di riconciliarci con quel momento storico, abbiamo bisogno finalmente di riconoscere colpe e responsabilità, e sopratutto cercare il modo, un modo, per poter andare avanti con la storia avendo consapevolezza di quanto accaduto e di come questo abbia influenzato quello che oggi avviene attraverso le migrazioni che solcano il Mediterraneo.

Questo libro illumina un pezzo di strada che dobbiamo percorrere. Quel razzismo istituzionale nel quale viviamo e che ci coinvolge, è qualcosa di cui dobbiamo liberarci. E’ necessario “decolonizzare il discorso politico verso i sud del mondo” cito letteralmente l’autore e per poter affrontare questo muro che abbiamo eretto e riuscire a pensare ad un futuro che tenga conto di tutte e di tutti.

Ma è anche altro. E’ anche la storia di donne forti che attravesano confini, non solo geografici, e che riescono con la forza e l’eroismo quotidiano a dare futuro.
E’ un libro femminista scritto da un uomo, cosa non semplice e che non avviene sovente. Inoltre, non ultimo, è anche un racconto d’amore e di passione. Proprio per questo può essere letto sia come un romanzo, sia come un saggio, ma comunque qualsiasi opzione si scelga è un libro che merita di essere letto.

E’ un viaggio che dobbiamo percorrere per capire che paese è stato ed è oggi l’Italia e cosa vuole e può diventare.

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Libri: LUOGHI COMUNI di Francesca Tamani

Avvertenze ai lettori: LASCIATEVI CONTAGIARE.

Quando ho letto questa frase nel libro di Francesca Tamani mi sono sentita sollevata. Era da tanto che non leggevo  la parola contagiare utilizzata in un’accezione positiva. Da qualche tempo a questa parte il contagio ha ben altre cartteristiche che dominano nella quotidianetà e forse per questo ho iniziato a leggerlo subito e ho divorato le 10 storie che lo compongono.

Storie di donne, di rinascita, di vie d’uscita, talvolta amare, ma che sfatano tutte i nostri “luoghi comuni”, quei modi di intendere la vita che possono trasformarsi in prigione, seppur comoda, seppur trasparente, ma prigione.

Le donne che corrono attraverso le storie sono “donne comuni”, i sentimenti, le ansie, le fatiche sono comuni eppure ciascuna ha una scintilla di straordinarietà. Francesca Tamani con occhio attento è riuscita a trovare quella luce che illumina ogni persona e ce l’ha restituita su carta, accompagnando le parole con aforismi e citazioni dei grandi romanzi della letteratura.

Una lettura leggera eppure allo stesso tempo profonda che ci aiuta a traghettare questo complicato periodo della nostra storia.

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Progetto Invisibili 2021: All’Avana senza un cazzo da fare di Alejandro Torreguitart Ruiz

CUBA è una DITTATURA COMUNISTA.

CUBA è un REGIME AUTORITARIO.

CUBA è una TIRRANIA.

L’ho scritto molto chiaramente così non ci sono fraintendimenti.
Dove c’è una DITTATURA, in qualsiasi paese sia, a qualunque  movimento si ispiri, bisogna combatterla. La mancanza di libertà e di diritti è oppressione per tutti e non è giustificabile da colori o da ideologie di sorta.

Detto questo, la situazione cubana è esasperata e manca quasi del tutto di sostegno all’estero. Proprio i paesi occidentali che dovebbreto essere dalla parte della Democrazia faticano a mantenere chiaramente una posizione. Gli interessi di parte, come quelli economici, non permettono limpidezza di pensiero. Credo che tutti in ITALIA, debbano sostenere l’aspirazione del popolo cubano alla libertà. Non ci possono essere fraintendimenti.

Qui trovate un’intervista di Radio Radicale a Andrea Romano, uno dei pochi politici di sinistra che prende posizione su CUBA ( clicca qui ).

E vi consiglio la lettura di questo diario-memoir-saggio di  Alejandro Torreguitart Ruiz, edizioni il Foglio e traduzione di Gordiano Lupi. per chi volesse acquistarlo ecco il link : Edizioni il Foglio.

Già il titolo è indicativo della situazione che si vive sull’isola, ma il libro è fondamentale, oltrechè divertente, perchè attraverso la vita quotidiana di un ragazzo vengono messi in risalto quanto la mancanza minima di libertà, la possibilità di vivere degnamente attraverso un lavoro, la cappa di noia ed esasperazione che avvolge siano assolutamente pervasivi della vita di ciascuno. Il sogno cubano, le spiagge meravigliose, la capacità di essere sempre felici a prescindere da tutti è un’idea solo nostra. La realtà è altro.

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Progetto Invisibili 2021: Se la strada potesse parlare di James Baldwin

Black Lives Matter (BLM, letteralmente “le vite dei neri contano”).

Il libro di Baldwin è del 1974, è uscito per la prima volta 47 anni fa eppure potrebbe esser stato scritto anche ieri. Il tema razziale negli USA è di piena attualità e scuote ancora ferocemente la società americana. Una società dove il razzismo è definito sistemico.

La storia raccontata da Baldwin è quella di una giovane coppia di ragazzi afroamericani di New York. La voce narrante è quella da Tish, la ragazza. I due si conoscono da bambini e sono amici da sempre, migliori amici. L’adolescenza li sorprende e tra loro scoppia l’amore che li porta a cercare casa per andare a vivere insieme.
Quando finalmente riescono a superare gli ostacoli che li bloccano, i pochi soldi a disposizione, la famiglia di lui, un proprietario disposto ad affittare a una coppia di neri, arriva l’arresto per Fonny, il ragazzo.

Un agente di quartiere con il quale hanno avuto una discussione si vendica e incolpa Fonny dello stupro subito da una ragazza portoricana.
Non ci sono prove, ma Fonny finisce in carcere ugualmente. La sua innocenza e le prove anche testimoniali che la provano nulla possono contro le accuse di un poliziotto bianco. TIsh scopre nel frattempo di attendere un figlio. E sarà proprio l’arrivo del bambino quello che darà ad entrambi la forza per trovare una via d’uscita.
Le famiglie, la comunità li sostengono nonostante abbiao tutti e tutto contro.

La voce di Tish attraverso la quale parla l’autore è una voce limpida, quella di una ragazza innamorata che vuole, anzi deve, pensare con ottomismo al futuro. Altro non può fare. Il futuro potrebbe essere molto difficile e Fonny potrebbe non riuscire a dimostrare la propria innocenza, ma si deve andare avanti.

Ho amato molto questo libro, la vita dei neri è vita dura e mai sicura. In qualsiasi momento si rischia di essere oggetto di sorprusi, in particolare da chi detiene il potere ( polizia, giudici, politici ecc.). La situazione descritta è realistica e la fiducia nelle istituzioni (in Italia diremmo nello Stato) non esiste. Non c’è possibilità di affidarsi ad un potere, ma bisogna avere sostanze e soldi per trovare un buon avvocato e pagare cauzioni pesantissime. Le leggi non sono dalla parte dei neri nè tantomeno sono utili alla ricerca di giustizia. Le leggi sono alla mercè di chi le sa utilizzare al meglio e comunque restano espressione del potere bianco.
La New York descritta è molto diversa da quella che siamo abituati a veder nei film. Una città nella quale la comunità nera è ai margini e non c’è nessun interesse verso l’integrazione. Da parte dei bianchi c’è un solo aiuto verso la coppia di ragazzi e arriva da una donna bianca Italoamericana, immigrata a sua volta. Per il resto sono soli, soli nella loro comunità. Andrà finire bene più o meno, non ci sarà giustizia, ci sarà una via d’uscita che non prova nè la colpa, nè l’innocenza. Il finale è aperto come lo è la storia che tutti i giorni viviamo … c’è ancora tanta strada da fare.

Fandango ha mandato in stampa questo libro e tutta l’opera di Baldwin, per chi volesse conoscere un autore considerato una delle voci più impegnate della letteratura americana.

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Libro: Chiamami col tuo nome di Andrè Aciman

Qui il video 25 Maggio 2021 – ore 21 Parliamo di Chiamami col tuo nome di André Aciman . MartesanaBookClub

Andrè Aciman è nato  in una famiglia ebreo-sefardita di origine turche. Ha trascorso l’infanzia ad Alessandra d’Egitto e poi si è trasferito con la famiglia a Roma dove ha vissuto per 4 anni, dai 14 ai 19 anni. Segue un ulteriore trasloco a New York dove frequento il college. Oggi insegna presso una università di NewYOrk ed è considerato uno dei grandi esperti a livello accademico di Proust. Parla correntemente diverse lingue – francese italiano greco arabo e ladino, oltre all’inglese.

Il suo Chiamami col tuo nome ( Call Me by Your Name) esce nel 2007 e arriva in Italia nel 2019 pubblicato da Guanda.

La storia narra della storia d’amore vissuta in uno scorcio d’estate in un luogo imprecisato della Riviera Ligure che inizia con B. ( si pensa a Bordighera). La voce narrante è quello di Elio, ragazzo diciasettenne timido e introverso, a tratti solitario, che ama più la compagnia dei libri e degli spartiti musicali che quella degli amici e delle persone che circolano nella sua casa. Il padre di Elio è un professore universitario che ha una consuetudine, invita per l’estate un ragazzo meritevole negli studi a trascorrere del tempo nella villa. Una sorta di postlaurea potremmo dire oggi. Nel 1987 tocca a Oliver, ragazzo americano di 24 anni. Elio deve cedere la sua stanza a Oliver e spostarsi in una camera più piccola della casa che è di fronte alla propria.  Questo è l’inizio di quella estate e di quell’amore. I due ragazzi sono quanto di più lontano ci sia, Elio introverso e solitario, Oliver è il classico ragazzone americano energico e apparentemente ottimista a prescindere. La mamma di Elio lo chiama “movie star” proprio per l’esuberanza che lo contraddistingue. Il suo salutare con un “later” che corrisponderebbe al nostro dopo percorre tutto il libro.

Elio osserva Oliver e vuole negare il trasporto ingiustificato che prova verso quell’uomo e mentre nega, afferma. Lo osserva per cercare delle affinità, delle somiglianze. Quante volte è capitato di conoscere una persona che troviamo interessante e si cerca immediatamente di trovare punti in comune? Così è anche per Elio: Ma furono la catenina d’oro e la stella di David con la mezuzah d’oro che portava al collo a dirmi che c’era qualcosa di più forte di tutto ciò che potesse volere da lui, perché ci legava e mi ricordava che, mente tutto cospirava per renderci essere più diversi del mondo, questo almeno trascendeva ogni differenza.

Ho riflettuto molto su questo passaggio, su questa somiglianza che Elio trova in Oliver, anzi questo similarità che li avvicina ancora di più. Essere ebrei significa far parte di una minoranza ed essere ebrei maschi attratti da persone dello stesso genere, significa far parte di una minoranza ancora più esigua. Eppure loro due si sono incontrati. Come se nell’universo così vasto e piena di incognite, quel momento perfetto avesse trasceso qualsiasi differenz e avesse messo davanti a loro due, proprio a loro, la copia uno dell’altro. Lo stupore di fronte a qualcosa di così raro, di fronte all’immensità di altre possibilità è assolutamente sbalorditivo. L’more poi in fondo è questo, trovare un altro che sembra proprio corrispondere in tutto e per tutto a te. Ed è stupefacente quando accade-

Leggo questa definizione di Elio:

Ripenso a quell’estate e non riesco a credere che nonostante i miei sforzi per convivere con il “fuoco” e il “mancamento”, la vita mi concedesse comunque momenti meravigliosi. L’Italia. L’estate. Il frinire delle cicale nel primo pomeriggio. La mia stanza. La sua stanza. Il nostro balcone, da cui il resto del mondo era escluso. Il venticello che mi portava gli aromi dl nostro giardino su per le scale fino in camera L’estate in cui imparai ad amare la pesca. Perché piaceva a lui. Ad amare la corsa. Perché piaceva a lui. Ad amare il polipo, Eraclito, il Tristano. L’estate in cui sentivo un uccello cantare, annusavo una pianta e percepivo la nebbia alzarsi da sotto i piedi nei caldi giorni di sole, poiché i miei sensi erano sempre allerta, automaticamente si fiondavano su di lui.”

Elio è tormentato dalla passione per Oliver che sente attraverso ogni poro della sua pelle, sente il fuoco e il mancamento eppure tutto gli appare meraviglioso. Sente ogni cosa che lo circonda con una tale precisione che è come se egli stesso fosse diventato parte di quello che lo circonda. Ogni suo pensiero è a lui, all’oggetto del proprio amore. Oliver.

La storia è un flusso continuo dei pensieri di Elio che oscillano tra l’abbandono totale alla passione e quella sensazione di inadeguatezza che sente “perché lui dovrebbe volere me” – che è la domanda tipica che qualsiasi adolescente si pone quando si innamora, non importa di chi, non importa di quanto sia piacevole o meno, si chiederà perché dovrebbe mai piacere ad un’altra persona. Quella sorta di insicurezza estrema prima e sfacciataggine del secondo dopo che accompagnano  qualsiasi amore in divenire. In questo Aciman è stato perfetto, la sua scrittura è riuscita a dipingere con una puntualità estrema quelle emozioni, quei momenti che sono allo stesso tempo paradiso e inferno insieme.

L’aspettativa è la tinta che colora maggiormente le pagine del libro. La sensazione più travolgente, infatti, che irrompe dalla lettura del suo romanzo è la cosiddetta fear of missing out, e cioè la paura di perdersi qualcosa, letteralmente di essere tagliati fuori.  Quante volte Elio si chiede e chiede a chi è intorno dove sia Elio? Cosa sta facendo Elio? E quanto questa sensazione che l’oggetto del nostro desiderio stia facendo chissà cosa lontano dai nostri sguardi è vera? Potremmo anche chiamare gelosia la sensazione che arriva subito dopo.

Ad un certo punto Elio inizia ad isolarsi, è indeciso se mettersi a piangere dalla disperazione oppure offrire una confessione disperata al suo amore del suo amore, allora è Oliver lo cerca e gli chiede cos’ha. Ho l’allergia, avevo risposto. Anch’io, aveva detto lui. Probabilmente è la stessa.

Questa stessa allergia è l’amore tra due uomini. Entrambi sanno che il loro sarà un amore nato già finito, con una data di termine già fissata, alla quale non si può derogare. Il loro amore non è previsto nella società del 1987. E come tutti gli amori ostacolati è ancora più forte degli altri e supera qualsiasi barriera. Ad un certo punto i due ragazzi si incontrano ed è l’amore e la passione che prendono il sopravento.

Da un’intervista di Aciman, vi riporto questo pensiero: Oliver – in un certo senso – resta più in ombra, e rimane una personalità inafferrabile. Perché per l’autore non possiamo mai conoscere davvero l’altro. Si può avere un’idea di ciò che dirà o farà, ma non sapremo mai come vive nel suo profondo. In questo modo – linearmente – Elio (e il lettore con lui) non saprà mai fino in fondo quale sarà la scelta definitiva di Oliver e il suo perché.

Questa cosa che quasi non fu mai ancora ci tenta.

Ecco cosa avrei voluto dirgli, ammette Elio in una delle pagine (e delle frasi) più belle di “Chiamami con il tuo nome”. Questa cosa che quasi non fu mai perché l’amore non sembra mai abbastanza: abbastanza intenso, abbastanza duraturo, abbastanza certo, abbastanza condiviso. Che quasi non fu mai perché l’amore tra Oliver ed Elio – come tutti gli amori che non riescono a trovare concretezza – non aveva futuro, progetti, socialità, certezza di essere vissuto nello stesso modo da entrambe le parti. Questa cosa che fu per me, ma forse non per te, Oliver, sembra straziare Elio. Per te – Oliver – fu una cosa che forse non fu mai. Non per me, perché ancora mi tenta.

Dal libro è stato tratto il film, pluripremiato, di Luca Guadagnino. Film che ho visto penso circa dieci volte e che ancora non mi ha stancato. E un film   sull’attesa dell’amore. Sulle schermaglie, sulla diffidenza, su qualcosa che si desidera tanto da averne una paura fottuta.

Ho avuto il piacere di conoscere Manuela D’ovidio che per il film ha seguito la produzione e Vanda Capriolo, l’attrice che ha interpetrato Mafalda, la tata-domestica di Elio , ed entrambe mi hanno confermato quello che dalla visione del film emerge: un film emotivamente ed esteticamente perfetto. Sugli attori non dirò molto, ma consiglio se posso di guardare la visione originale del film girato in diverse lingue, l’attore Timothée Chalamet è strepitoso, perfetto.

Chiudo con una frase di un grande filosofo napoletano: Massimo Troisi che calza con il libro Aciman alla perfezione.

L’amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui dall’altra, e gli sconosciuti si accorgono che vi amate. Chest’è.”

 

Chiamami col tuo nome

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Libro: Tre piani di Eshkol Nevo

L’amore per Tre Piani è stato progressivo, ad ogni nuova storia ho amato di più la precedente.

Gli intrecci in questo condominio di Tel Aviv non sono concentrici. Le tre storie hanno vita propria e i personaggi si sfiorano senza neanche mai parlarsi, eppure con una scrittura curata e attenta l’autore è riuscito a mantenere un filo teso che lega gli uni agli altri.
La prima storia si svolge al primo piano e il protagonista è Arnon, un papà che scopre una parte di sè violenta, aggressiva, incontrollabile. La sua bambina spesso va a trovare dei signori anziani che abitano di fronte, un giorno non torna perchè il “nonnno” affetto da un principio di Alzheimer non ricorda più la strada di casa. Durante la ricerca Arnon si troverà faccia a faccia con la sua ossessione.
Al secondo piano troviamo Hani. Lei mi è piaciuta tanto, la follia che accompagna la sua famiglia è uno spettro che sente addosso. Spettro che si allevia con l’arrivo di Eviatar, suo cognato che non vede da dieci anni. Lui si nasconde per fuggire ai creditori che lo cercano e chiede asilo in casa del fratello, sempre assente per lavoro. La solitudine di Hani sembra attennuarsi e tra i due nasce qualcosa di più della riconoscenza. Ma sarà vero o solo una proiezione della mente di Hani?
La terza storia del terzo piano mi ha completamente convinto sulla perfezione del romanzo. Dall’appartamento si va in un kibbutz, una giudice in pensione rimasta vedova va alla ricerca del figlio Arad. La ricerca la libererà finalmente dalla scelta del marito che non è mai stata la sua e per la quale ha pagato un prezzo altissimo.

L’intreccio compiuto e l’idea narrativa mi è piaciuta molto, anche più di quella adottata nella Simmetria dei desideri dello stesso autore e che lo ha lanciato nel panorama internazionale.
Dal libro è stato tratto un film con la regia di Nanni Moretti che non vedo l’ora di vedere. L’ambientazione romana non so se riuscirà a restituire quell’aria desolata e desolante, quel profondo senso di solitudine che pervade il condominio di Tel Aviv. In attesa del fil, leggere il libro è un ottimo modo per accorciare i tempi.

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Libri: Un cazzo ebreo di Katharina Volckmer

Parlare di questo libro mi risulta molto difficoltoso, probabilmente sarebbe stato meglio non averlo letto. Anzi, senza probabilmente. Perché questo è uno di quei libri che fanno male. Di quelli che per andare avanti nella lettura devi fare degli scatti di crescita vera e propria. Quelli che ti dicono cosa sei con una chiarezza e una spudoratezza tali che forse era meglio non saperlo. Anzi, senza forse.

La voce narrante è quella di una ragazza che racconta ad un tale dottore Seligman i suoi pensieri mentre lui sta operando su di lei. Parte così il flusso di coscienza che prende vita da un sogno erotico con Hitler e passa attraverso l’identità femminile, come anche la descrizione delle fragilità dei propri genitori, del rapporto con un amante sposato e con il quale lei divide una sessualità torbida e senza coinvolgimento emotivo, dei sexy toys giapponesi creati da uomini per soddisfare il desiderio maschile attraverso il corpo delle donne, della desolazione sociale di nascere e crescere femmina nella nostra società, della solitudine, della complessità della memoria collettiva tedesca che porta addosso il fardello delle colpe del nazismo, degli ebrei che sono sempre gli altri e della volontà finale proprio di quel “cazzo ebreo” che non ha nulla di erotico ma è solo il completamento del proprio corpo, forse finalmente ricongiunto al proprio io, una sorta di nemesi storica che se non ripara almeno rende giustizia per quello che si può oggi.

… ma persino adesso mi irrita come qualsiasi cosa, sempre, sia progettata attorno al cosiddetto corpo umano, il corpo dotato di cazzo, mettendo metà della popolazione a rischio di morte a causa degli oggetti quotidiani.

Ecco uno dei punti cruciali che ho letto diverse volte. Qui si riferisce espressamente a sextoys, ma in realtà vale per tutto quanto il resto. Il mondo è costruito a misura d’uomo, intenso come genere. Chi è diverso da quel genere specifico, vive in un mondo non a sua misura.

… quando ero più giovane pensavo sempre che il solo modo per superare davvero l’Olocausto sarebbe stato amare un ebreo. E non semplicemente un vecchio ebreo qualsiasi, ma uno fatto e finito, con i boccoli e lo zucchetto. Uno devoto e che sa leggere la Torah e non esce mai di casa senza un cappello nero.

Con coraggio non comune, l’autrice parla la pesantissima eredità lasciata sulle spalle dei tedeschi di oggi che è ancora poco affrontata, poco indagata, spesso rimossa e della quale anche noi in Italia dovremmo fare i conti prima o poi.

Ma credo che per avere un libro di questo tipo scritto in Italia da un’italiana e un italiano dovremmo attendere ancora un paio di decenni, se ci viene bene. Ho la sensazione che la morale cattolica nel quale siamo immersi, consapevolmente chi più chi meno, non ci permetta una tale profonda conoscenza  di noi stessi e quindi la conseguente rivolta. Il nostro corpo, degli uomini e delle donne, non è ancora una necessità che deve restare unito all’intelletto. Se ci va bene ci insegnano a prenderci cura dei pensieri femminili, ma si sottende sempre che in questo caso il corpo risponde ad altre regole, considerate ancestrali. Non c’è unione nelle donne tra quello che siamo e quello che desidereremmo essere. Non ci è permesso. L’eredità nazista è l’altro grande tema affrontato senza pudore, senza paura.

Ho finito qualche giorno fa e so già che lo rileggerò a breve, perché devo avere il tempo di digerire certi passaggi, di schivare la tristezza per l’impossibilità di essere felici in questo mondo, di capire quanto sia dissacrante e allo stesso liberatorio, non sentirmi più in colpa per colpe di altri o semplicemente perché sono nata nella metà e passa sbagliata.

Naturalmente è molto più facile essere religiosi se sei un uomo, ma non sono mai riuscita a capire come mai una donna single possa voler frequentare una chiesa, o qualsiasi altro tempio, dottor Seligman, nessuna religione che mi sia mai capitata di incontrare aveva qualcosa di carino da dire sulle donne.

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Progetto Invisibili 2021- NEGRETTA Baci razzisti di Marilena Delli Umuhoza

Negretta è un libro che bisogna leggere, oggi, in Italia, tutti quelli che possono e anche quelli che non possono.

Negretta è un libro necesssario, necessario perchè abbiamo bisogno di guardare bene cosa e quanto dolore possiamo causare quando, talvolta anche senza renderesene conto, siamo razzisti.
La protagonista del romanzo si ispira alla vita dell’autrice Marilena Delli Umuhoza, italo-rwandese, che ha davvero abitato in quella provincia bergamasca nei primi anni ’90 quando l’ascesa di un nuovo partito politico, la Lega Lombarda, ha cavalcato le paure e il disagio di ampie fasce della popolazione poco aperta alle diversità e per ragioni culturali e sociali piuttosto chiusa. Il messaggio “torna a casa tua” tormenta la piccola protagonista che ovunque è la Negretta, anche tra la parentela di origine italiana che non ha mai accettato il matrimonio tra suo padre, ex missionario in Malawi e Rwanda poi ritornato allo stato laico, e sua madre, rwandese di etnia tsuti e direttrice di un collegio di suore belghe. Il rwanda conosce nell’arco del Novecento 3 diversi genocidi e la madre della protagonista scappa dal suo paese dopo che la sua intera famiglia è sterminata.

L’arrivo a Bergamo non è semplice. Il padre non trova un lavoro adeguato alle sue conoscenze, il fatto che parlasse correntemente 4 lingue, non lo favorisce. E’ discriminato in quanto ex prete. La madre è Nera e quindi è fuori da qualsiasi possibilità di lavoro, se non per attività molto umili e sottopagate. La piccola cresce così in un serio disagio economico che si accompagna a brutali episodi di razzismo che la copiscono perchè nera, perchè donna, perchè sola.

E’ duro leggerlo. Crescere sentendosi appellare quando va bene Negretta, come se fosse un affettuosità, è raggelante. L’adolescenza fa il resto ed è la parte di vita che il libro fotografa freddamente. La ragazza è il capo espiatorio di qualsiasi avvenimento accada e, anche dove ci si aspetterebbe attenzione se non proprio sostegno, trova porte sbattute in faccia. Il preside della scuola, le insegnanti sono immersi in quel clima sociale che crea barriere e non hanno nè capacità, nè voglia di aprirsi verso una ragazza che ha solo la pelle nera ma che non è meno italiana degli altri italiani.

Il libro non offre riscatto, almeno non nell’immediato. La scelta dell’autrice è stata proprio questa, dare a chi legge la chiara idea che di razzismo e di sessismo ( sulla pelle delle donne nere vale doppio) si può morire schiacciati nel dolore e nell’impossibilità di trovare vie d’uscita. Poi le alternative esistono, ma quanta vita persa? Quanta sofferenza si sarebbe potuta evitare? Quanta rabbia ha trovato sfoghi distruttivi?
Tante domande, troppe.

Leggete NEGRETTA e ricordiamoci che nel nostro paese i ragazzi di seconda generazione, terza e così via, i ragazzi afroitaliani hanno bisogno di voce, di rappresentanza, di cittadinanza, di modelli positivi.
L’autrice oggi è una fotografa, scrittrice e filmaker che va seguita. Su Radio Bullet trovate i suoi podcast : IL SALOTTO DEI NUOVI ITALIANI.

Buon ascolto e Buona Lettura

Marilena Delli Umuhoza

Marilena

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