Libri: Che fine ha fatto quel clandestino? (Vol. 2) di Eltjon Bida

Aprile 1997

Allungai il braccio e spensi la sveglia. Erano le sei e trenta. (…) Spostai le coperte da un lato e con uno scatto mi sedetti sul bordo del materasso. (…) Il vagone era buio. Con i piedi trovai le scarpe da ginnastica e le infilai. Ero già pronto per uscire. Per non avere freddo, sia io sia i miei connazionali ci coricavamo con gli stessi vestiti con cui andavamo in giro durante il giorno.

La storia di Eltjon Bida è quella di tanti albanesi che alla fine degli anni ’90 lasciarono il loro paese per arrivare in Italia. Solcando quel braccio di mare che separa le coste dei due paesi a bordo di motoscafi, Elty approda dopo varie peripezie in Abruzzo e la storia dei suoi primi anni è nel suo primo libro C’era una volta un clandestino che per chi non l’avesse già fatto consiglio di leggere.
La storia continua con Che fine ha fatto quel clandestino? – Edizioni PUBME- pubblicato a Settembre 2021.

Lo stesso candore che ho trovato nel primo libro accompagna anche il seguito delle avventure di Eltjon. La voce dell’autore è limpida ed è possibile calarsi nei pensieri di un ragazzo che aveva ed ha il solo scopo nella vita di fare bene. Talvolta, mentre leggevo, mi sono stupita davanti alla trasparenza che governa il libro. Quel tipo di racconto, senza substrati psicologici a più piani che ormai governa tanta narrativa di oggi, arriva dritta al punto ed è molto efficace nel riportare la storia e l’atteggiamento della stragrande maggioranza degli immigrati di quegli anni. Tanto è vero che a distanza di solo vent’anni, gli albanesi sono ormai parte integrante del tessuto lavorativo e sociale di tante città italiane.
Eppure mentre leggevo pensavo che, proprio questa storia, quella dell’immigrazione albanese verso l’Italia, ha avuto fino ad oggi pochissima rappresentazione. A parte, ovviamente, i continui allarmi sociali cavalcati da certa politica e per i quali un’attenta lettura delle statistiche avrebbe ridimensionato la paura che ci avevano inculcato i vari tg e trasmissioni a tutte le ore, della vita, dei sacrifici, dell’impegno degli immigrati albanesi non si è scritto quasi nulla.
Allora in questo contesto, i libri di Eltjon e la sua caparbietà nel voler a tutti i costi restare in Italia e lavorare sono uno spaccato di quegli anni sui quali finalmente viene fatta luce ed, anche, se possibile resa giustizia.
Non ci sono solo gli albanesi freschi di immigrazione che dormivano nei vagoni abbandonati delle stazioni milanesi, ci siamo anche tutti noi nel libro di Bida. Ci sono quelli che hanno offerto un lavoro, quelli che hanno sfruttato la situazione, quelli che facevano lavorare in nero chi aveva bisogno, quelli che si sono innamorati, quelli che erano razzisti e quelli che non lo erano.

Leggere Eltjon significa accendere una luce su degli angoli poco illuminati, non bui, dell’Italia di quel lontano 1997 e capire tutti gli sforzi fatti per integrarsi in una società completamente diversa dalla propria. Leggere quei mesi attraverso più prospettive possibili è un modo per rivivere quegli anni e capirli da più punti di vista.

Buona lettura in attesa dell’uscita del Volume 3.

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Progetto Gli Invisibili 2021: Le cattive di Camila Sosa Villada

Mai nessuno ci chiama per nome, se non noi. Il  resto delle persone ignora i nostri nostri nomi …

La potenza del libro si può riassumere in queste sole parole. Nessuno considera le trans come persone. Le trans sono le ultime delle ultimi, gli ultimi degli ultimi. Le trans non esistono se non in alcune zone della città e nelle ore notturne. Di giorno tutti distolgono lo sguardo, chi incontra trans guarda altrove oppure accusa apertamente, anche coloro che solo alcune ore prima hanno diviso con loro sesso e sudore.

Un libro doloroso e magico, allo stesso tempo. La comunità di trans che affolla la casa di Zia Encarna vi conquisterà dalle prime righe. La gioia di vivere, come la tristezza, il dolore, l’esclusione, la repulsione sono in ogni pagina del libro. Il ritmo della scrittura di Camila Sosa Villada è travolgente e ci accompagna dall’infanzia del ragazzino che voleva essere altro, fino all’università e alla strada del parco, dove finirà per prostituirsi. Forse l’unico posto dove riuscirà ad essere davvero ciò che sente in ogni fibra del corpo.

Leggetelo, ci si trasforma in mamme impossibili eppure carnali e accoglienti, in passeri con piume leggere più vere di qualsiasi volatile, in donne che amano ogni giorno con gioia, in uomini che sono in grado di amare oltre l’apparenza, in splendori degli occhi lieti di essere accolti. Ciascuno troverà la sua via oltre il genere o la categoria nella quale si ritrova.

Punta all’essenza, Le cattive e lo fa prendendo una strada lunga e tortuosa. Passando per l’Inferno e non è detto che noi che siamo stati a guardare, molto spesso, noi che abbiamo giudicato, molto di più, siamo, come spesso ci consideriamo, la parte migliore della società.

Le Cattive

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Progetto Gli invisibili 2021: ITALIANA di Giuseppe Catozzella

La storia la scrive chi vince.

Quando si parla della storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, mai parole sono state più veritiere. Esiste un pezzo di storia volontariamente dimenticata, quella che riguarda le rivolte dei contadini/briganti del sud Italia post unificazione, oggi considerata la prima guerra civile italiana.

Non è una storia lineare, non ci sono personaggi esclusivamente buoni e personaggi cattivi, non c’è solo il bianco e il nero, non c’è solo la quasi “agiografia” di Garibaldi, c’è molto altro da raccontare, da conoscere, da approfondire e fintanto che non avremo affrontato  tutti coloro che hanno preso parte all’Unità d’Italia non potremo mai dire che la storia del nostro Paese è completa.

ITALIANA rimedia a parte di queste colpe, mettendo in luce la vita e la persona di Maria Oliviero, conosciuta come Ciccilla, unica brigantessa italiana ad essere stata a capo di una banda.

Il brigantaggio postunitario che esplose nelle regioni del Sud Italia è un fenomeno colpevolmente misconosciuto, sia per non creare ulteriore emulazione delle attività dei Briganti, sia perché le feroci repressioni che caddero come mannaie su popolazioni già gravemente provate dalla miseria più nera che si possa immaginare non furono certe imprese di cui vantarsi.
Una storia atroce che non fa onore  nessuno e per questo condannata alla damnatio memoriae dai vincitori (gli italiani). Eppure, oggi più che mai, è necessario conoscerla perché è solo partendo da quello che accadde, dalle comprensioni delle ragioni degli uni e degli altri che potremo comprendere e finalmente affrontare:

  • l’atavica sfiducia delle popolazione meridionali nei confronti dello Stato
  • la copertura territoriale, quando non connivenza, con i fenomeni malavitosi
  • l’arretratezza economica del Sud dal quale dopo ancora 140 dall’unificazione non ci siamo liberati
  • il pregiudizio morale e culturale di chi è economicamente più forte e gestisce il potere verso chi non ha la stessa forza ( il nord contro il sud per intenderci).

ITALIANA mi ha letteralmente rapita. Maria è una donna di un’intelligenza vivace e precoce, una donna che si fa domande alle quali non trova risposte, una donna moderna anche negli atteggiamenti verso la violenza degli uomini sulle donne, una donna illusa, come tutte le popolazioni del sud, dalle promesse garibaldine che non troveranno nessuna concretezza nella realtà.
Il giogo dei vecchi padroni devoti alla monarchia borbonica si trasforma e diventa nuovo giogo dei vecchi padroni devoti alla monarchia sabauda. L’unica reazione possibile è darsi alla macchia, delinquere. Non è una scelta, è appunto l’unico modo per gridare che “così non va bene”. Nessuno ascolterà la voce di Maria, di lei nemmeno si sa con esattezza che fine abbia fatto. Il libro offre un’ipotesi, ma probabilmente la donna una volta catturata venne trasferita nel carcere di Fenestrelle, in Piemonte, dove morì.

Leggete ITALIANA. Giuseppe Catozzella ha scritto un libro bellissimo che merita molto.
Se avessi potuto e saputo farlo lo avrei scritto io, l’idea di parlare di Ciccilla mi era venuta una quindicina d’anni fa e chiesi un aiuto ad un professore dell’università di Napoli per recuperare dati ufficiali e documenti. Mi rispose, ghiacciandomi, che non era proprio il caso di parlarne, che non c’era niente a riguardo e che era meglio che quella storia venisse dimenticata. Per mia colpa, lasciai correre. Lui era un famoso meridionalista e mi sembrava scortese insistere. Non avevo conoscenze adeguate per poter ribattere il suo ragionamento e mi arresi. Per fortuna Giuseppe Catozzella ha avuto quel coraggio e lo ringrazierò sempre nell’unico modo che conosco, consigliando a TUTTI, ma proprio tutti, di leggere ITALIANA.

Avevamo un bisogno disperato di questo libro e manco lo sapevamo.

 

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Libro: “America non torna più” di Giulio Perrone

“Due giorni a Napoli mi insegnarono che non esiste via di fuga possibile della proprio vita.”

AMERICA NON TORNA PIU’ è l’ultimo libro di Giulio Perrone, edizioni HarperCollins. L’autore ripercorre la sua giovinezza e il rapporto con suo padre, mancato per una malattia incurabile all’età di 56 anni. Quanto sia complesso il rapporto padre/figlio lo si comprende subito dalla prime righe. L’amore che li lega è viscerale ma è silenzioso, si esprime più attraverso codici che vere e proprio parole di tenerezza.

Uno dei codici utilizzati tra uomini è quello del calcio, il “campo” neutro dove ci si può esprimere anche mostrando vulnerabilità e commozioni che in altri frangenti sono socialmente preclusi ai maschi. Padre e figlio si ritrovano così:

“La Roma come ago perfetto dei nostri stati d’animo. Un filo che non si è mai spezzato, neanche negli anni in cui eravamo più distanti”

Giulio è figlio unico e le aspettative della famiglia lo sommergono, in particolare quelle del padre spesso bloccano quelle che sono le sue vere attitudini. L’adolescenza così diventa scontro. Il cammino verso l’età adulta che quasi per tutti porta ad una ricomposizione dei rapporti in questo caso si spezza. La malattia porta via il padre di Giulio nel giro di qualche mese e saranno propri questi mesi il nucleo centrale del libro.

La MORTE è un momento della vita che non sappiamo più affrontare, non abbiamo oggi le capacità, la pazienza, gli strumenti emotivi per comprenderla. Siamo costantemente catapultati in vortici vitali che escludono qualsiasi riferimento alla morte e quando ce la ritroviamo davanti non sappiamo cosa fare, così ognuno ci si arrangia come si può.
La rabbia e la voglia di fuggire che Giulio prova e descrive benissimo sono costanti in chi ha avuto la sventura di avere una persona cara che viene a mancare per una malattia incurabile. L’esasperazione, anche fisica, che si accompagna all’inutilità di qualsiasi gesto possibile diventano compagne con le quali percorrere l’ultimo pezzo di strada di vita del padre. Il pudore tra loro impedisce il resto.

E’ stato profondamente commovente leggere “America non torna più”, in diversi tratti anche divertente, in particolare quando si ritrovano le storie di un gruppo di ragazzi romani a cavallo degli anni “60 e “70 che riescono anche a vedere il mitico concerto dei Beatles del 1965 nella capitale.

Una storia di amicizie e di amori veri, di scontri e di riappacificazioni, di parole non dette che finalmente hanno trovato una loro via.
Una storia d’amore di un figlio verso il proprio padre.

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Progetto Invisibili 2021: IL COLORE DEL NOME di Vittorio Longhi

 … al nome non puoi sfuggire, è inciso come un marchio a fuoco sulla pelle, un segno che non hai scelto e che forse neanche vorresti.

“Il Colore del nome” (2021, edizioni Solferino) di Vittorio Longhi è insieme una storia privata e pubblica. L’autore, attraverso la ricerca delle proprie radici, ci racconta le tappe della “dimenticata” storia coloniale italiana, del razzismo di ieri e di oggi e di identità negate.

In Eritrea, ex colonia italiana, oggi vivono i discedenti nati dalle unioni di italiani con giovani donne eritree. Persone che sentono forti le radici italiani e che vorrebbero veder riconosciuta compiutamente la loro idendità con la cittadinanza italiana. Purtroppo non potendo provare la discedenza italiana, così come prevede la legge attuale, non ne hanno diritto e , nonostante reiterate richieste alle autorità italiane, al momento, non hanno ancora trovato ascolto. Vittorio Longhi con il suo libro offre loro una voce ed è necessario ascoltarla. Quel pezzo di storia italiana non è un passato glorioso di cui fregiarsi, sia chiaro, e la “dimenticanza” nel quale è avvolto non è un caso. Con la fine del fascismo che travolse l’Italia lasciando un paese distrutto e devastato, era necessario tagliare quanto più possibile i ponti e soprattutto le “colpe” del passato per poter trovare, in una sorta di nemesi collettiva  al contrario, la strada per la ricostruzione e la pacificazione del paese. Quindi tutto ciò che appartiene alle colonie, anche le persone, vengono avvolte da una nebbia che ancora le avvolge.
Eppure oggi più che mai, nel nostro paese, abbiamo bisogno di riconciliarci con quel momento storico, abbiamo bisogno finalmente di riconoscere colpe e responsabilità, e sopratutto cercare il modo, un modo, per poter andare avanti con la storia avendo consapevolezza di quanto accaduto e di come questo abbia influenzato quello che oggi avviene attraverso le migrazioni che solcano il Mediterraneo.

Questo libro illumina un pezzo di strada che dobbiamo percorrere. Quel razzismo istituzionale nel quale viviamo e che ci coinvolge, è qualcosa di cui dobbiamo liberarci. E’ necessario “decolonizzare il discorso politico verso i sud del mondo” cito letteralmente l’autore e per poter affrontare questo muro che abbiamo eretto e riuscire a pensare ad un futuro che tenga conto di tutte e di tutti.

Ma è anche altro. E’ anche la storia di donne forti che attravesano confini, non solo geografici, e che riescono con la forza e l’eroismo quotidiano a dare futuro.
E’ un libro femminista scritto da un uomo, cosa non semplice e che non avviene sovente. Inoltre, non ultimo, è anche un racconto d’amore e di passione. Proprio per questo può essere letto sia come un romanzo, sia come un saggio, ma comunque qualsiasi opzione si scelga è un libro che merita di essere letto.

E’ un viaggio che dobbiamo percorrere per capire che paese è stato ed è oggi l’Italia e cosa vuole e può diventare.

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Progetto Invisibili 2021: All’Avana senza un cazzo da fare di Alejandro Torreguitart Ruiz

CUBA è una DITTATURA COMUNISTA.

CUBA è un REGIME AUTORITARIO.

CUBA è una TIRRANIA.

L’ho scritto molto chiaramente così non ci sono fraintendimenti.
Dove c’è una DITTATURA, in qualsiasi paese sia, a qualunque  movimento si ispiri, bisogna combatterla. La mancanza di libertà e di diritti è oppressione per tutti e non è giustificabile da colori o da ideologie di sorta.

Detto questo, la situazione cubana è esasperata e manca quasi del tutto di sostegno all’estero. Proprio i paesi occidentali che dovebbreto essere dalla parte della Democrazia faticano a mantenere chiaramente una posizione. Gli interessi di parte, come quelli economici, non permettono limpidezza di pensiero. Credo che tutti in ITALIA, debbano sostenere l’aspirazione del popolo cubano alla libertà. Non ci possono essere fraintendimenti.

Qui trovate un’intervista di Radio Radicale a Andrea Romano, uno dei pochi politici di sinistra che prende posizione su CUBA ( clicca qui ).

E vi consiglio la lettura di questo diario-memoir-saggio di  Alejandro Torreguitart Ruiz, edizioni il Foglio e traduzione di Gordiano Lupi. per chi volesse acquistarlo ecco il link : Edizioni il Foglio.

Già il titolo è indicativo della situazione che si vive sull’isola, ma il libro è fondamentale, oltrechè divertente, perchè attraverso la vita quotidiana di un ragazzo vengono messi in risalto quanto la mancanza minima di libertà, la possibilità di vivere degnamente attraverso un lavoro, la cappa di noia ed esasperazione che avvolge siano assolutamente pervasivi della vita di ciascuno. Il sogno cubano, le spiagge meravigliose, la capacità di essere sempre felici a prescindere da tutti è un’idea solo nostra. La realtà è altro.

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Progetto Invisibili 2021: Se la strada potesse parlare di James Baldwin

Black Lives Matter (BLM, letteralmente “le vite dei neri contano”).

Il libro di Baldwin è del 1974, è uscito per la prima volta 47 anni fa eppure potrebbe esser stato scritto anche ieri. Il tema razziale negli USA è di piena attualità e scuote ancora ferocemente la società americana. Una società dove il razzismo è definito sistemico.

La storia raccontata da Baldwin è quella di una giovane coppia di ragazzi afroamericani di New York. La voce narrante è quella da Tish, la ragazza. I due si conoscono da bambini e sono amici da sempre, migliori amici. L’adolescenza li sorprende e tra loro scoppia l’amore che li porta a cercare casa per andare a vivere insieme.
Quando finalmente riescono a superare gli ostacoli che li bloccano, i pochi soldi a disposizione, la famiglia di lui, un proprietario disposto ad affittare a una coppia di neri, arriva l’arresto per Fonny, il ragazzo.

Un agente di quartiere con il quale hanno avuto una discussione si vendica e incolpa Fonny dello stupro subito da una ragazza portoricana.
Non ci sono prove, ma Fonny finisce in carcere ugualmente. La sua innocenza e le prove anche testimoniali che la provano nulla possono contro le accuse di un poliziotto bianco. TIsh scopre nel frattempo di attendere un figlio. E sarà proprio l’arrivo del bambino quello che darà ad entrambi la forza per trovare una via d’uscita.
Le famiglie, la comunità li sostengono nonostante abbiao tutti e tutto contro.

La voce di Tish attraverso la quale parla l’autore è una voce limpida, quella di una ragazza innamorata che vuole, anzi deve, pensare con ottomismo al futuro. Altro non può fare. Il futuro potrebbe essere molto difficile e Fonny potrebbe non riuscire a dimostrare la propria innocenza, ma si deve andare avanti.

Ho amato molto questo libro, la vita dei neri è vita dura e mai sicura. In qualsiasi momento si rischia di essere oggetto di sorprusi, in particolare da chi detiene il potere ( polizia, giudici, politici ecc.). La situazione descritta è realistica e la fiducia nelle istituzioni (in Italia diremmo nello Stato) non esiste. Non c’è possibilità di affidarsi ad un potere, ma bisogna avere sostanze e soldi per trovare un buon avvocato e pagare cauzioni pesantissime. Le leggi non sono dalla parte dei neri nè tantomeno sono utili alla ricerca di giustizia. Le leggi sono alla mercè di chi le sa utilizzare al meglio e comunque restano espressione del potere bianco.
La New York descritta è molto diversa da quella che siamo abituati a veder nei film. Una città nella quale la comunità nera è ai margini e non c’è nessun interesse verso l’integrazione. Da parte dei bianchi c’è un solo aiuto verso la coppia di ragazzi e arriva da una donna bianca Italoamericana, immigrata a sua volta. Per il resto sono soli, soli nella loro comunità. Andrà finire bene più o meno, non ci sarà giustizia, ci sarà una via d’uscita che non prova nè la colpa, nè l’innocenza. Il finale è aperto come lo è la storia che tutti i giorni viviamo … c’è ancora tanta strada da fare.

Fandango ha mandato in stampa questo libro e tutta l’opera di Baldwin, per chi volesse conoscere un autore considerato una delle voci più impegnate della letteratura americana.

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Libro: Tre piani di Eshkol Nevo

L’amore per Tre Piani è stato progressivo, ad ogni nuova storia ho amato di più la precedente.

Gli intrecci in questo condominio di Tel Aviv non sono concentrici. Le tre storie hanno vita propria e i personaggi si sfiorano senza neanche mai parlarsi, eppure con una scrittura curata e attenta l’autore è riuscito a mantenere un filo teso che lega gli uni agli altri.
La prima storia si svolge al primo piano e il protagonista è Arnon, un papà che scopre una parte di sè violenta, aggressiva, incontrollabile. La sua bambina spesso va a trovare dei signori anziani che abitano di fronte, un giorno non torna perchè il “nonnno” affetto da un principio di Alzheimer non ricorda più la strada di casa. Durante la ricerca Arnon si troverà faccia a faccia con la sua ossessione.
Al secondo piano troviamo Hani. Lei mi è piaciuta tanto, la follia che accompagna la sua famiglia è uno spettro che sente addosso. Spettro che si allevia con l’arrivo di Eviatar, suo cognato che non vede da dieci anni. Lui si nasconde per fuggire ai creditori che lo cercano e chiede asilo in casa del fratello, sempre assente per lavoro. La solitudine di Hani sembra attennuarsi e tra i due nasce qualcosa di più della riconoscenza. Ma sarà vero o solo una proiezione della mente di Hani?
La terza storia del terzo piano mi ha completamente convinto sulla perfezione del romanzo. Dall’appartamento si va in un kibbutz, una giudice in pensione rimasta vedova va alla ricerca del figlio Arad. La ricerca la libererà finalmente dalla scelta del marito che non è mai stata la sua e per la quale ha pagato un prezzo altissimo.

L’intreccio compiuto e l’idea narrativa mi è piaciuta molto, anche più di quella adottata nella Simmetria dei desideri dello stesso autore e che lo ha lanciato nel panorama internazionale.
Dal libro è stato tratto un film con la regia di Nanni Moretti che non vedo l’ora di vedere. L’ambientazione romana non so se riuscirà a restituire quell’aria desolata e desolante, quel profondo senso di solitudine che pervade il condominio di Tel Aviv. In attesa del fil, leggere il libro è un ottimo modo per accorciare i tempi.

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Libri: Un cazzo ebreo di Katharina Volckmer

Parlare di questo libro mi risulta molto difficoltoso, probabilmente sarebbe stato meglio non averlo letto. Anzi, senza probabilmente. Perché questo è uno di quei libri che fanno male. Di quelli che per andare avanti nella lettura devi fare degli scatti di crescita vera e propria. Quelli che ti dicono cosa sei con una chiarezza e una spudoratezza tali che forse era meglio non saperlo. Anzi, senza forse.

La voce narrante è quella di una ragazza che racconta ad un tale dottore Seligman i suoi pensieri mentre lui sta operando su di lei. Parte così il flusso di coscienza che prende vita da un sogno erotico con Hitler e passa attraverso l’identità femminile, come anche la descrizione delle fragilità dei propri genitori, del rapporto con un amante sposato e con il quale lei divide una sessualità torbida e senza coinvolgimento emotivo, dei sexy toys giapponesi creati da uomini per soddisfare il desiderio maschile attraverso il corpo delle donne, della desolazione sociale di nascere e crescere femmina nella nostra società, della solitudine, della complessità della memoria collettiva tedesca che porta addosso il fardello delle colpe del nazismo, degli ebrei che sono sempre gli altri e della volontà finale proprio di quel “cazzo ebreo” che non ha nulla di erotico ma è solo il completamento del proprio corpo, forse finalmente ricongiunto al proprio io, una sorta di nemesi storica che se non ripara almeno rende giustizia per quello che si può oggi.

… ma persino adesso mi irrita come qualsiasi cosa, sempre, sia progettata attorno al cosiddetto corpo umano, il corpo dotato di cazzo, mettendo metà della popolazione a rischio di morte a causa degli oggetti quotidiani.

Ecco uno dei punti cruciali che ho letto diverse volte. Qui si riferisce espressamente a sextoys, ma in realtà vale per tutto quanto il resto. Il mondo è costruito a misura d’uomo, intenso come genere. Chi è diverso da quel genere specifico, vive in un mondo non a sua misura.

… quando ero più giovane pensavo sempre che il solo modo per superare davvero l’Olocausto sarebbe stato amare un ebreo. E non semplicemente un vecchio ebreo qualsiasi, ma uno fatto e finito, con i boccoli e lo zucchetto. Uno devoto e che sa leggere la Torah e non esce mai di casa senza un cappello nero.

Con coraggio non comune, l’autrice parla la pesantissima eredità lasciata sulle spalle dei tedeschi di oggi che è ancora poco affrontata, poco indagata, spesso rimossa e della quale anche noi in Italia dovremmo fare i conti prima o poi.

Ma credo che per avere un libro di questo tipo scritto in Italia da un’italiana e un italiano dovremmo attendere ancora un paio di decenni, se ci viene bene. Ho la sensazione che la morale cattolica nel quale siamo immersi, consapevolmente chi più chi meno, non ci permetta una tale profonda conoscenza  di noi stessi e quindi la conseguente rivolta. Il nostro corpo, degli uomini e delle donne, non è ancora una necessità che deve restare unito all’intelletto. Se ci va bene ci insegnano a prenderci cura dei pensieri femminili, ma si sottende sempre che in questo caso il corpo risponde ad altre regole, considerate ancestrali. Non c’è unione nelle donne tra quello che siamo e quello che desidereremmo essere. Non ci è permesso. L’eredità nazista è l’altro grande tema affrontato senza pudore, senza paura.

Ho finito qualche giorno fa e so già che lo rileggerò a breve, perché devo avere il tempo di digerire certi passaggi, di schivare la tristezza per l’impossibilità di essere felici in questo mondo, di capire quanto sia dissacrante e allo stesso liberatorio, non sentirmi più in colpa per colpe di altri o semplicemente perché sono nata nella metà e passa sbagliata.

Naturalmente è molto più facile essere religiosi se sei un uomo, ma non sono mai riuscita a capire come mai una donna single possa voler frequentare una chiesa, o qualsiasi altro tempio, dottor Seligman, nessuna religione che mi sia mai capitata di incontrare aveva qualcosa di carino da dire sulle donne.

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Progetto Invisibili 2021- NEGRETTA Baci razzisti di Marilena Delli Umuhoza

Negretta è un libro che bisogna leggere, oggi, in Italia, tutti quelli che possono e anche quelli che non possono.

Negretta è un libro necesssario, necessario perchè abbiamo bisogno di guardare bene cosa e quanto dolore possiamo causare quando, talvolta anche senza renderesene conto, siamo razzisti.
La protagonista del romanzo si ispira alla vita dell’autrice Marilena Delli Umuhoza, italo-rwandese, che ha davvero abitato in quella provincia bergamasca nei primi anni ’90 quando l’ascesa di un nuovo partito politico, la Lega Lombarda, ha cavalcato le paure e il disagio di ampie fasce della popolazione poco aperta alle diversità e per ragioni culturali e sociali piuttosto chiusa. Il messaggio “torna a casa tua” tormenta la piccola protagonista che ovunque è la Negretta, anche tra la parentela di origine italiana che non ha mai accettato il matrimonio tra suo padre, ex missionario in Malawi e Rwanda poi ritornato allo stato laico, e sua madre, rwandese di etnia tsuti e direttrice di un collegio di suore belghe. Il rwanda conosce nell’arco del Novecento 3 diversi genocidi e la madre della protagonista scappa dal suo paese dopo che la sua intera famiglia è sterminata.

L’arrivo a Bergamo non è semplice. Il padre non trova un lavoro adeguato alle sue conoscenze, il fatto che parlasse correntemente 4 lingue, non lo favorisce. E’ discriminato in quanto ex prete. La madre è Nera e quindi è fuori da qualsiasi possibilità di lavoro, se non per attività molto umili e sottopagate. La piccola cresce così in un serio disagio economico che si accompagna a brutali episodi di razzismo che la copiscono perchè nera, perchè donna, perchè sola.

E’ duro leggerlo. Crescere sentendosi appellare quando va bene Negretta, come se fosse un affettuosità, è raggelante. L’adolescenza fa il resto ed è la parte di vita che il libro fotografa freddamente. La ragazza è il capo espiatorio di qualsiasi avvenimento accada e, anche dove ci si aspetterebbe attenzione se non proprio sostegno, trova porte sbattute in faccia. Il preside della scuola, le insegnanti sono immersi in quel clima sociale che crea barriere e non hanno nè capacità, nè voglia di aprirsi verso una ragazza che ha solo la pelle nera ma che non è meno italiana degli altri italiani.

Il libro non offre riscatto, almeno non nell’immediato. La scelta dell’autrice è stata proprio questa, dare a chi legge la chiara idea che di razzismo e di sessismo ( sulla pelle delle donne nere vale doppio) si può morire schiacciati nel dolore e nell’impossibilità di trovare vie d’uscita. Poi le alternative esistono, ma quanta vita persa? Quanta sofferenza si sarebbe potuta evitare? Quanta rabbia ha trovato sfoghi distruttivi?
Tante domande, troppe.

Leggete NEGRETTA e ricordiamoci che nel nostro paese i ragazzi di seconda generazione, terza e così via, i ragazzi afroitaliani hanno bisogno di voce, di rappresentanza, di cittadinanza, di modelli positivi.
L’autrice oggi è una fotografa, scrittrice e filmaker che va seguita. Su Radio Bullet trovate i suoi podcast : IL SALOTTO DEI NUOVI ITALIANI.

Buon ascolto e Buona Lettura

Marilena Delli Umuhoza

Marilena

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