Libri: Il lettore di Bernhard Schlink

Grazie a un consiglio di lettura di Tiziana Pasetti per Confidenze ho incontrato “Il lettore” di Schlink. E’ stato un colpo di fulmine. Inaspettato e violento, toccante e disturbante. Tutto allo stesso tempo.
La storia tra un ragazzino e una donna matura negli anni ’50 in Germania si intreccia con i conti che le generazioni tedesche post seconda guerra mondiale hanno dovuto fare con il nazismo. Ci sono tanti nodi in questo libro e non si sciolgono. Non possono sciogliersi. Accettare il crimine della Shoah non è possibile. Si può e si deve sapere, ma non c’è modo di trovare una qualsiasi forma di riscatto, neanche dopo anni. Coloro che da dentro vissero il Nazismo potevano fare qualcosa? Potevano reagire? Essere anche solo spettatori di quanto è accaduto significa essere conniventi? E se poi si è partecipato all’Olocausto in maniera attiva? Si è colpevoli lo stesso anche se si sono eseguiti degli ordini? L’accettazione passiva è perdonabile o solo comprensibile? Le altre mille domande che scaturiscano dalle domande precedenti, secondo me, non hanno e non avranno risposta. La Banalità del male di Hannah Arendt è l’unico approccio possibile , ma non è una risposta.

E poi dopo tutto o tra tutto o anzi sopra tutto c’è l’amore. Non cercato, incestuoso quasi, spavaldo e al di sopra anche della cattiveria umana. L’amore come elevazione da tutto ciò che di brutto, perfino mostruoso, c’è in ogni essere umano.
E sull’amore l’unico quesito possibile o forse l’unica certezza … Non scegliamo mai di chi innamorarci

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Libro: VINPEEL DEGLI ORIZZONTI di Peppe Millanta

Per uno di quegli strani arcani che talvolta capitano nella vita, quando meno te l’aspetti e, sopratutto, da chi non avresti detto mai, il libro di Peppe Millanta è arrivato sul mio tablet.

Un consiglio di lettura che potevo non ascoltare, ma qualcosa mi ha spinto e ho insistito. Il cognome dell’autore era proprio Millanta. Pensavo ad uno di quei nomi di famiglia che ti segnano a vita e invece scopro che è un alias che si è attribuito da solo. Penso che nella peggiore delle ipotesi deve essere un autore simpatico e compro il suo libro dal titolo difficile da ricordare … Vinpeel degli orizzonti.

Parto con la lettura e con qualche preconcetto…se mi annoia lo abbandono a pag. 13, se parte con le sovrastrutture metafisiche lo lancio via ma forse è meglio di no che poi mi si rompe il tablet, se è un monotono quanto una serata radical chic mi fermo a pag. 7 e chiedo indietro i soldi a chi me lo ha consigliato.

E poi parto con Vinpeel e arrivano le nuvole. Mi perdo. Mi disoriento. Mi disarma questo ragazzino solo come può esserlo qualcuno costretto a giocare con un amico che sente solo lui. Mi vince la tristezza per un luogo dove ci si rifugia quando non si sa come superare un dolore. Arrivano gli altri che abitano in un posto dove tutto è immobile e si ripete ogni giorno uguale a se stesso. E ciascuno ha una sua caratteristica, ciascuno ha un lavoro, ciascuno ha un ordine da rispettare. Nell’ordine vive lui, Vinpeel. Eppure quella briciola di caos dentro di lui lo aiuta a superare il limite.

Vinpeel, le nuvole, Doan, Mune e gli altri, compresi matti e solitari conquistano l’anima prima che l’intelletto.
E penso che un libro così lo volevo proprio leggere senza neanche averne consapevolezza.
Un libro più simile ad una lunga poesia che ad opera di narrativa.
Un libro che riesce ad entrare nel sogno di ciascuno di noi.
Un libro che riporta a quella breve stagione dell vita nella quale i sogni sembrano tutti realizzabili e forse lo sono per davvero. Basta che non svaniscano con l’arrivo della stagione matura e che resti intatta nell’intimo quella voglia matta di realizzarli solo attraverso l’amore.

Consiglio a chiunque sia stato bambino, anche per un solo giorno, di leggere Vinpeel degli orizzonti … per gli altri che non sanno cos’è lo stupore purtroppo questo libro risulterà incomprensibile.

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Libri da regalare per … chi va in pensione

Regali da fare a chi va in pensione ( beato o beata ) sono tantissimi, eppure consigli su libri da regalare ad una persona che lascia il mondo del lavoro e che, presumibilmente si suppone abbia tempo, ce ne sono pochi. Forse si può supporre voglia non tanta, ma tempo sì. E allora, siccome un LIBRO è sempre il miglior regalo che si possa fare ad una persona, ecco i miei preferiti … come sapete in ordine sparso :

  1. Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar – libro di formazione della mente, quindi va benissimo ad ogni età e sopratutto per chi affronta un nuovo periodo di
    doc1vita nel quale trovare lo spazio di riflessione per evitare errori già fatti e migliorare a vita a venire. STRAORDINARIO
  2. L’equilibrista di Claudio Frasconi – Per chi ama la vita, al di qua e al di là della linea che separa il reale dal surreale, questo libro è consigliatissimo. Perché i fatti che quotidianamente accadono ci sconvolgono, ci toccano e ci sorprendono e a volte li comprendiamo dopo tanto, a volte mai. Per chi ama riflettere e per chi ama essere fuori da sè.
  3. La Corte di Giovanna I di Giuseppe Scellini – per chi ama la storia nascosta, per chi ama le donne forti, per chi ama gli intrighi di corte e quelli diplomatici, questo libro è il regalo ideale. Se io fossi un regista, ne farei un film.
  4. Tutta la luce del mondo  di Aldo Nove – straordinario viaggio in un Assisi medievale fantastica e stupefacente. La vita di San Francesco vista attraverso gli occhi di un bambino. Per chi ama le rivoluzioni che diventano evoluzioni per tutti.
  5. Piangi pure di Lidia Ravera – Lei è diventata famosa per il libro Porci con le ali ( che potrebbe essere abbinato a questo per un regalo) che descriveva le adolescenziali scoperte sessuali degli anni 70. Qui invece, e secondo me la Ravera è se possibile anche più brava, c’è la storia di una amore maturo. Consapevole e avvolgente. Da leggere  e da vivere.
  6. Le strane logiche dell’amore di Tania Paxia – Questo libro restituisce a chi lo legge una tale carica di giovane energia che va letto a qualsiasi età perché l’amore può essere anche leggerezza.

Potrei poi consigliare classici o quei libri che nessuno mai ha letto per intero, che occupano librerie intere e non permettono alla polvere di depositarsi a terra, ma preferisco di no. Meglio regalare qualcosa di nuovo o inaspettato e pensare alla persona alla quale lo si sta donando.

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Libri: Dove la storia finisce di Alessandro Piperno

Di Piperno ho letto qualsiasi cosa mi sia capitata e sempre, sempre la sua scrittura mi ha  catturato.
Penso che se  fosse americano sarebbe più famoso di Jonathan Safran Foer, qutore considerato a ragione uno dei giovani scrittori mondiali più promettenti. Con Foer, oltre ad una scrittura precisa, esatta, direttamente incuneata nelle emozioni dei protagonisti, Alessandro Piperno condivide le origini ebraiche e quello che, fino ad oggi, è stato un pucontentnto di forza, in questo romanzo si trasforma in una pecca.

Perché il romanzo è perfetto fino a quasi la fine, poi il finale è “fuori contesto” .
Anzi a dir meglio, probabilmente, il finale è una reazione ai fatti di Parigi del novembre 2015 e le radici ebree dell’autore hanno avuto il sopravvento. La paura domina la fine del libro. Ed è un peccato perché la paura non è buona amica degli scrittori, non quella che fa finire in fretta un romanzo che aveva grandi prospettive.
Quindi a parte il finale, mi sento di consigliarlo a coloro che i libri li lasciano a metà o a 3/4 di lettura.

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Libri: La corte di Giovanna I d’Angiò: intrighi e delitti di Giuseppe Scellini

L’8 marzo è la giornata giusta per parlare di questo libro.
Giovanna I d’Angiò fu incoronata regina di Napoli giovanissima, aveva 16 anni. Ebbe una vita molto movimentata misurandola con i canoni culturali della seconda metà del Trecento, ma a dirla tutta anche per quelli odierni e questo è l’aspetto del libro che più meraviglia.scellini

Tra le righe dell’accurata ricerca storica (il libro è un saggio) emerge la caparbietà di Giovanna di voler governare da sola, senza spartire il potere con tutori o mariti.

Del primo marito, impostogli per affinità dinastiche, si liberò in modo cruento. Ancor oggi non si sa se fu lei la mandante dell’omicidio del Duca Andrea avvenuto con un agguato nel castello angioino di Aversa. Anche Papa Clemente VI condannò l’omicidio che, seppur liberava lei da un marito non gradito, condannava il Regno di Napoli ad una grave crisi politica e a diverse scorrerie da parte di Luigi d’Ungheria, fratello del defunto Andrea, che non voleva perdere il regno del fratello e allo stesso tempo intendeva vendicarne la morte. Seguirono fughe all’estero della Regina e poi ritorni nel Regno con tanto di nuovo marito, cugino suo stavolta, scelto dopo averne scartato un altro.
Intanto il Regno di Napoli andava a fuoco, diviso tra due eserciti. Il Papa dovette intervenire e con un processo ad Avignone certificò definitivamente che la Regina non era responsabile dell’uccisione del primo marito. Luigi d’Ungheria accettò la sentenza e si ritirò. Seguì poi un decennio di calma, nel quale Giovanna poté regnare e cercò con l’aiuto di un fidato siniscalco di far prosperare il suo regno, ma la pace non è figlia del Trecento.
Seguirono follie (del marito), vedovanze, figli e ancora un paio di mariti. Non mancarono feste a amanti. E in tutto questo Giovanna, da sola, riuscì a trovare una via per restare caparbiamente seduta sul trono che per nascita e per diritto le spettava.

La regina Giovanna fu una delle prime donne europee a regnare per proprio diritto e per ringrazio Giuseppe Scellini per aver voluto rappresentare e far conoscere oggi una donna che, in un’epoca che non risparmiava violenze e soprusi, ha saputo reggersi al trono o in piedi con le sue sole gambe.
Consiglio la lettura a quelle donne che si fermano davanti ad ostacoli che sembrano
insormontabili, questo libro permetterà di ridimensionare la montagna che si deve scalare. La Regina Giovanna è volata sulla Luna in un’epoca nella quale si andava solo a piedi.

Al link, trovate il libro:  www.alettieditore.it/saggistica/2016/scellini.html

 

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Libri: Verderame di Michele Mari

Dovuta premessa: il problema è mio perché non sono “preparata strutturalmente” per capire questo scrittore.
A mia parziale giustificazione, aggiungo che non mi arrendo con facilità davanti ad un libro complesso, anzi di norma mi incaponisco di più perché, anche se non mi piace, devo capire.
Ebbene, con Verderame di Michele Mari non mi è riuscito di andare oltre pag. 5.
Ho riletto più volte le suddette pagine, ma alla terza mi sono arresa. E’ incomprensibile, ma questo di per sé potrebbe non esser grave, non l’ho capito o non mi piace me ne faccio una ragione, ma qui c’è di più. L’esercizio della scrittura fatta per annichilire chi legge, mi fa incazzare.
Nell’incipit, prime 10 righe, ho trovato i seguenti termini ” dimidiata, tegumento, boleto, nostrali, protusione ” che ignoravo. Li ho cercati sul vocabolario –  lo faccio sempre quando non conosco il significato di una parola, ovviamente – ma poi mi sono chiesta perché per leggere un romanzo devo patire come se stessi preparando un esame ostico all’università? Ma che senso ha tutto ciò?
Non paga, ho cercato su wikipedia la pagina dello scrittore e, per la prima volta, non ho capito le spiegazioni relative alla forma d’arte che contraddistingue Mari.
Allora mi sono arresa, in questo caso specifico, accetto di essere ignorante e quasi riesco a a gioirne.
Lascio Michele Mari ai suoi amanti. Meglio stare da soli in certi casi.

Di seguito, riporto a titolo di prova l’incipit del libro :

Dimidiata da un colpo preciso di vanga, la lumaca si contorceva ancora un attimo: poi stava. Tutto il vischioso lucore le rimaneva dietro, perché la scissione presentava una superficie asciutta e compatta che il colore viola-marrone assimilava al taglio di una bresaola in miniatura. Dunque della sua bavosa vergogna l’animale si doveva liberare in continuazione per rimanere puro nell’intimo suo, e a questa nobile pena era premio la metamorfosi dell’immonda deiezione in splendida scaglia iridescente.
Corrugato da solchi paralleli e regolari, il tegumento esterno era di un rossiccio che teneva del boleto: ciò che distingueva il nostro mollusco come lumaca rossa ovvero lumaca francese: piú tozza e piú chiara delle nostrali, con una sagoma piú vicina alla balena che al serpente, e corna piú corte e meno facili alla protrusione.$_35

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Libro: Accabadora di Michela Murgia

Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo.

Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata.

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Libro inteso, scritto bene nel senso più classico del termine. A tratti semplicemente leggero. E la leggerezza da tradurre a parole è l’esercizio più pesante che ci sia .
Storia di una crescita con lo sfondo una Sardegna ancestrale, nell’immaginario paesino di Soreni. Poche parole animano il paese che tutto sa, senza bisogno di tradurlo a voce.
Un paese ante religione e antico quanto le usanze che preservano gli uomini e le donne.
L’accabadora è una donna, vedova di norma, che accompagna nell’ultimo viaggio le persone “anziane” che si trovano tra la vita e la morte e hanno bisogno di trovare il riposo eterno.
Tutti sanno cosa fa, nessuno lo dice. Ogni società ha chi si occupa di incombenze necessarie, non giudicabili secondo morale comune.
L’unica in paese che non sa è Maria, fill’e anima di Tzia Bonaria, accabadora.
Ma la vita prende il sopravento, Maria cresce e scopre tutto. Fugge a Torino. Poi dopo due anni, una sorta di nostalgia o di riconoscenza, o entrambi la costringono a tornare.
Perché quando sei nata a Soreni, quando quella Sardegna è nel sangue impastata con la carne, puoi essere da un’altra parte, ma non puoi mai andare via.

ESTRATTO:
– Resti qui, vuoi dire…
– Me ne sono andata mai, Andrì? – disse lei voltandosi a guardarlo.

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Una lettura da fare: L’amica geniale di Elena Ferrante.

Il caso ELENA FERRANTE, che con la sua opera “L’amica geniale” ha scalato le classifiche di mezzo mondo, è un caso pressoché unico nel panorama culturale italiano.

Partiamo dall’autrice. Chi è ELENA FERRANTE?
Non lo sappiamo con certezza. Elena Ferrante pubblica il suo primo libro L’amore molesto nel 1992 con la casa editrice E/O e, in quel momento, sceglie l’anonimato. In alcune dichiarazioni successive, sempre transitate dall’editore, sostiene che per lei non era stato necessario apparire con la “faccia”, perché se il libro fosse valso qualcosa si sarebbe affermato ugualmente. E’ così è stato! Da quel primo libro è tratto l’omonimo film di Martone che è arrivato fino al Festival del Cinema di Cannes con protagonista una grandissima Anna Bonaiuti. Dopo L’amore molesto, la Ferrante non pubblica niente per 10 anni. All’anonimato si aggiunge il silenzio.

E poi nel 2002 arriva “Il giorno dell’abbandono”. Sempre con l’editore E/O. Anche da questo libro è tratto un film con protagonista Margherita Buy per la regia di Roberto Faenza, presentato al Festival del Cinema di Venezia.

Nel 2006 viene dato alle stampe La figlia oscura, un libretto piccolo e dei suoi il meno conosciuto, e arriviamo così al 2011 quando è pubblicato il 1° romanzo della serie L’amica Geniale. Seguono, a distanza di anno uno dall’altro, la pubblicazione degli altri 3 romanzi: Storia del nuovo cognome – Storia di chi fugge e di chi resta – Storia della bambina perduta.

Con la pubblicazione della tetralogia scoppia il caso Ferrante.
Chi è questa scrittrice? Perché resta anonima nonostante il successo delle sue opere? E’ un uomo? E’ una donna?
Tutte le illazioni o supposizioni valgono fino a quando IlSOLE24ORE a Ottobre 2016 svolge un’indagine, degna della DEA americana, e seguendo i soldi scopre che la stragrande maggioranza dei guadagni della casa editrice E/O vanno ad una loro storica traduttrice Anita Raja.
Le analogie della vita della Raja sono tali e tante con Elena Ferrante che non può essere che lei. Ma in realtà, alla fine, sapere chi è veramente la Ferrante non è poi molto interessante. Forse sarebbe più interessante comprendere la scelta dell’anonimato. E per fare questo è necessario leggere la Ferrante, quella dei libri.

Nei suoi primi 3 romanzi appaiono in nuce i temi che poi occuperanno lo spazio de L’amica Geniale. Temi difficili quali la voglia di sparire per sempre, l’abbandono del marito, il rapporto madre-figlia si condensano in un tutt’uno nel”L’amica geniale”  ma se ne aggiungono anche altri:L’amicizia tra due bambine. La rivalità tra donne. L’invidia, sottesa, di una verso l’altra e viceversa.L’unione delle forze utile per sopravvivere. La sopraffazione degli uomini, anzi del corpo maschile perché è quello che accade alle giovani Lila e Lenuccia, le protagoniste. La prima, Lila,  soccombe alla violenza di un matrimonio arrivato troppo presto e dal quale troverà la forza di ribellarsi. La seconda, Lenuccia, subisce violenza fisica da un uomo più grande, violenza alla quale non sa resistere e verso la quale prova orrore e piacere allo stesso tempo. E poi ancora la voglia da farcela di queste due ragazze, seppure in maniera diversa.
Lila, il genio creativo, l’intelligenza prodigio che non prosegue  gli studi oltre la 5 elementare ma che da autodidatta riesce ad affermarsi sempre in qualsiasi cosa faccia. Lila che ha la capacità di far fare agli altri ciò che lei vuole. E ci riesce sempre, senza utilizzare sotterfugi, ma con la forza del vero leader, quello che sa tirare fuori da ciascuno il meglio di sé.
A suo svantaggio c’è il fatto che sia una donna e questo nella Napoli degli anni Cinquanta si paga. E forse Lila paga questa sua indipendenza intellettuale da tutti, che la mette al di sopra di tutti, con la perdita più feroce, più crudele che può capitare nella vita ad una madre. Lila perde la propria figlia, la sua prediletta. Perde nel senso letterale del termina, perché la bimba scompare senza lasciare traccia di sé. E questa perdita, è l’unica cosa che riuscirà a sconfiggere Lila. Ma Lila sconfitta non si perde a sua volta, ma scompare. Sparisce per sua volontà, per sempre.

E poi c’è l’altra protagonista che trova invece la sua strada attraverso l’attenzione spasmodica agli studi che le permetterà, nonostante le ristrettezze economiche , di laurearsi alla Normale di Pisa ( per dovere di cronaca, la figlia della Raja ha frequentato la prestigiosa Università toscana) e di contrarre un buon matrimonio e fare buone conoscenze che l’aiuteranno a pubblicare il primo romanzo. Lenuccia o Elena fa la scrittrice nel romanzo e questa sua voglia di primeggiare, di farcela su tutti, ma soprattutto sulla sua amica geniale Lila, accompagnano tutti e quattro i romanzi e forse sono, per quanto mi riguarda, la parte più faticosa da leggere.
E poi ci sono gli altri sentimenti, buoni e cattivi, che animano la storia delle due donne. C’è la rivalità in amore, la rivalità nelle amicizie. C’è sempre uno specchiarsi l’una nell’altra che determinerà la loro vita, soprattutto quella di Lenuccia.
L’altra protagonista Lila è più selvaggia, meno sottoposta o sottomessa sia alla “legge del padre” che determina il microcosmo e il macrocosmo della nostro società e nella quale vivono le due protagoniste. Lei rappresenta la libertà. Libertà che per essere raggiunta non necessita il fuggire da qualche altra parte, come per esempio accade ad Elena che gira l’Italia in lungo e in largo, ma che per determinarsi si manifesta con una grande “cognizione di sé”. A differenza di ELENA, LILA è sempre presente a se stessa e questo ne fa sicuramente il personaggio in assoluto più amato. Almeno per me è stato così.

La storia è molto articolata, si tratta di 4 romanzi che cubano insieme 1200 pagine più o meno, quindi non vi tedio con la spiegazione dei fatti che potete trovare su qualsiasi recensione, ma vorrei provare a dare una chiave di lettura che si basi sul perché dovremmo affrontare questo sforzo di lettura.
Se fossi una donna?
Perché ci sono descritte emozioni e sentimenti che fanno parte di noi, ma che in pubblico non si declamano. E neanche in privato perché siamo così abituate a “essere dentro la parte di essere donne” che non ammettiamo neanche con noi stesse debolezze, odi e meschinità che sono degli esseri umani tutti. Chi di noi ammetterebbe che allevare dei bambini, non solo è faticoso (cosa della quale ci è permesso lamentarci ma non sottrarci), ma è incredibilmente noioso, annullante, avvilente? Che è un tempo che ci porta via le energie migliori proprio quando potremmo finalmente spenderlo meglio e soprattutto per noi stesse? Chi può ammettere il peso e la noia dell’amore fisico senza apparire una poco di buono?  Chi di noi può giustificare una donna che per noia, per asfissia, per voglia di rivalsa lascia due figlie piccole ed il marito e se ne va con un altro uomo, sposato a sua volta, in giro per la Francia? E quando torna questa donna pretende rispetto e non presenta nessun complesso di colpa?
Io sinceramente non sono ancora in grado, adesso, di poter escludere delle critiche ad una donna che fa questo. Al momento vivo ancora immersa in una società che, seppure mi da gli strumenti per poter pensare autonomamente, non mi offre lo spazio per far sì che una donna possa pensare e anteporre la sua affermazione pubblica a quella familiare. Ad oggi le donne “non criticabili” e pubblicamente affermate sono quelle che rinunciano alla famiglia.
Se fossi un uomo?
Se fossi un uomo  dovrei leggere L’Amica geniale perché dentro c’è l’altra metà del mondo e poi ci sono tante figuri maschili comprimari che vale la pena di conoscere. Non tutti sono figure edificanti, ma ce ne sono un paio, tra cui cito ENZO che diventerà il compagno di Lila e che la salverà diverse volte, andando contro tutto e tutti. Per lei, per una donna. Contro la “legge del padre”, contro la legge del rione, contro la legge delle altre donne.  Senza nascondersi, con grande responsabilità e soprattutto senza paura. Queste sono le parole con le quali Enzo porta via Lila dalla casa del marito, prendendo con sé anche il suo bambino e mettendosi contro tutti.

Lui si attardò ancora. Staccò un foglio dal quadernetto della spesa e scrisse qualcosa. Lasciò il foglio sul tavolo.
“Che hai scritto?”
“L’indirizzo di San Giovanni.”
“Perché?”
“Non stiamo giocando a nascondino.”

Penso che Enzo sia la parte migliore di tutto il romanzo. In assoluto. Ed è un romanzo di donne.

E se fossi di altro genere?
Dovrei leggere l’Amica Geniale perché è un’opera dove il mistero, il detto e non detto, la segretezza e l’ambiguità sono parte della vita di ciascuno di noi. Ognuno di noi ha una parte oscura che deve accettare così come la parte “svelata” e visibile a tutti. E sempre Lila, nel romanzo, che aiuta Alfonso a trovare, a ritrovare il vero sé stesso e con il suo sostegno offre a lui la possibilità di provare ad essere felice.

E, per concludere, ritornando all’anonimato , il VELO che la Ferrante ha deciso di calare su di sé come scrittrice, personaggio pubblico, le ha permesso di utilizzare un linguaggio inclemente, senza pudori, diretto ma non volgare, mai giustificativo ( le donne sentono sempre il dovere di giustificarsi anche quando sono nel gusto) per raccontare la vita di due donne nella Napoli degli anni Cinquanta fino ad oggi. E ci è riuscita talmente bene che il suo linguaggio è diventato specchio dove si sono riflesse donne molto diverse tra loro. A me è piaciuto tantissimo ed anche ad Hillary Clinton che è rimasta stregata dai libri di Elena Ferrante definendoli una “Lettura ipnotica”.

L’anonimato è servito perché “certe cose”, anzi le nostre vite, vite di donne oggi le dobbiamo raccontare avendo ancora il volto coperto.

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Incontro “Discorso sul femminile” 01 Dic 2016 …il caso Elena Ferrante

TIM Equity & Inclusion Week 2016 è la settimana dedicata all’ “EQUITY & INCLUSION” che ha come obiettivo principale la promozione dell’inclusione, letta nel senso più alto del termine,dare «a ciascuno gli strumenti per competere alla pari e per dare il meglio di sé».

Rachele Catanese ed io abbiamo proposto un progetto che ha comefocus la differenze di genere. Quindi un discorso sul femminile imperniato tra letteratura ed arte.
Per la letteratura, parlerò del caso ELENA FERRANTE …

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Libro: Tutta la luce del mondo di Aldo Nove

Leggere un libro di Aldo Nove è un’esperienza che ciascuno di noi dovrebbe fare almeno una volta nella vita.
La sua scrittura è surreale, caustica, faticosa ed anche cattiva, quando la cattiveria è necessaria per descrivere certe sofferenze che la vita ci impone. Questo fino a quanto scritto prima di “Tutta la luce del mondo”.
Da qui in avanti, è diventata anche meravigliosamente stupefacente, una poesia vestita da romanzo.
Che parlasse di San Francesco da Nove non me l’aspettavo. E ancora una volta mi ha stupito, divertito e fatto innamorare di questo Medioevo dove tutto è stupendo. E dietro la visione di un dodicenne di nome Piccardo, nipote di Giovanni, vero nome di Francesco, ecco che appare un fragile, umanissimo San Francesco che prima della santità ruppe e sconvolse gli equilibri della sua famiglia. Un po’ scemo, un po’ santo, un po’ pazzo. Comunque ingrato verso la sua famiglia dove più che la santità avrebbero apprezzato la continuazione della tradizione mercantile.

Auguro a tutti di tuffarsi in questo stupendo Medioevo  e di trovare in ogni parola scritta da Nove la stessa, identica frescura per l’intelletto che coloro che amano religiosamente San Francesco trovano per l’anima.
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P.S. Nota a margine ma non tanto … Se Nove fosse americano o solamente più mondano, sarebbe anche più dell’osannatissimo Jonathan Safran Foer ( osanna meritate )

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