Progetto Invisibili 2021: Se la strada potesse parlare di James Baldwin

Black Lives Matter (BLM, letteralmente “le vite dei neri contano”).

Il libro di Baldwin è del 1974, è uscito per la prima volta 47 anni fa eppure potrebbe esser stato scritto anche ieri. Il tema razziale negli USA è di piena attualità e scuote ancora ferocemente la società americana. Una società dove il razzismo è definito sistemico.

La storia raccontata da Baldwin è quella di una giovane coppia di ragazzi afroamericani di New York. La voce narrante è quella da Tish, la ragazza. I due si conoscono da bambini e sono amici da sempre, migliori amici. L’adolescenza li sorprende e tra loro scoppia l’amore che li porta a cercare casa per andare a vivere insieme.
Quando finalmente riescono a superare gli ostacoli che li bloccano, i pochi soldi a disposizione, la famiglia di lui, un proprietario disposto ad affittare a una coppia di neri, arriva l’arresto per Fonny, il ragazzo.

Un agente di quartiere con il quale hanno avuto una discussione si vendica e incolpa Fonny dello stupro subito da una ragazza portoricana.
Non ci sono prove, ma Fonny finisce in carcere ugualmente. La sua innocenza e le prove anche testimoniali che la provano nulla possono contro le accuse di un poliziotto bianco. TIsh scopre nel frattempo di attendere un figlio. E sarà proprio l’arrivo del bambino quello che darà ad entrambi la forza per trovare una via d’uscita.
Le famiglie, la comunità li sostengono nonostante abbiao tutti e tutto contro.

La voce di Tish attraverso la quale parla l’autore è una voce limpida, quella di una ragazza innamorata che vuole, anzi deve, pensare con ottomismo al futuro. Altro non può fare. Il futuro potrebbe essere molto difficile e Fonny potrebbe non riuscire a dimostrare la propria innocenza, ma si deve andare avanti.

Ho amato molto questo libro, la vita dei neri è vita dura e mai sicura. In qualsiasi momento si rischia di essere oggetto di sorprusi, in particolare da chi detiene il potere ( polizia, giudici, politici ecc.). La situazione descritta è realistica e la fiducia nelle istituzioni (in Italia diremmo nello Stato) non esiste. Non c’è possibilità di affidarsi ad un potere, ma bisogna avere sostanze e soldi per trovare un buon avvocato e pagare cauzioni pesantissime. Le leggi non sono dalla parte dei neri nè tantomeno sono utili alla ricerca di giustizia. Le leggi sono alla mercè di chi le sa utilizzare al meglio e comunque restano espressione del potere bianco.
La New York descritta è molto diversa da quella che siamo abituati a veder nei film. Una città nella quale la comunità nera è ai margini e non c’è nessun interesse verso l’integrazione. Da parte dei bianchi c’è un solo aiuto verso la coppia di ragazzi e arriva da una donna bianca Italoamericana, immigrata a sua volta. Per il resto sono soli, soli nella loro comunità. Andrà finire bene più o meno, non ci sarà giustizia, ci sarà una via d’uscita che non prova nè la colpa, nè l’innocenza. Il finale è aperto come lo è la storia che tutti i giorni viviamo … c’è ancora tanta strada da fare.

Fandango ha mandato in stampa questo libro e tutta l’opera di Baldwin, per chi volesse conoscere un autore considerato una delle voci più impegnate della letteratura americana.

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Libro: Chiamami col tuo nome di Andrè Aciman

Qui il video 25 Maggio 2021 – ore 21 Parliamo di Chiamami col tuo nome di André Aciman . MartesanaBookClub

Andrè Aciman è nato  in una famiglia ebreo-sefardita di origine turche. Ha trascorso l’infanzia ad Alessandra d’Egitto e poi si è trasferito con la famiglia a Roma dove ha vissuto per 4 anni, dai 14 ai 19 anni. Segue un ulteriore trasloco a New York dove frequento il college. Oggi insegna presso una università di NewYOrk ed è considerato uno dei grandi esperti a livello accademico di Proust. Parla correntemente diverse lingue – francese italiano greco arabo e ladino, oltre all’inglese.

Il suo Chiamami col tuo nome ( Call Me by Your Name) esce nel 2007 e arriva in Italia nel 2019 pubblicato da Guanda.

La storia narra della storia d’amore vissuta in uno scorcio d’estate in un luogo imprecisato della Riviera Ligure che inizia con B. ( si pensa a Bordighera). La voce narrante è quello di Elio, ragazzo diciasettenne timido e introverso, a tratti solitario, che ama più la compagnia dei libri e degli spartiti musicali che quella degli amici e delle persone che circolano nella sua casa. Il padre di Elio è un professore universitario che ha una consuetudine, invita per l’estate un ragazzo meritevole negli studi a trascorrere del tempo nella villa. Una sorta di postlaurea potremmo dire oggi. Nel 1987 tocca a Oliver, ragazzo americano di 24 anni. Elio deve cedere la sua stanza a Oliver e spostarsi in una camera più piccola della casa che è di fronte alla propria.  Questo è l’inizio di quella estate e di quell’amore. I due ragazzi sono quanto di più lontano ci sia, Elio introverso e solitario, Oliver è il classico ragazzone americano energico e apparentemente ottimista a prescindere. La mamma di Elio lo chiama “movie star” proprio per l’esuberanza che lo contraddistingue. Il suo salutare con un “later” che corrisponderebbe al nostro dopo percorre tutto il libro.

Elio osserva Oliver e vuole negare il trasporto ingiustificato che prova verso quell’uomo e mentre nega, afferma. Lo osserva per cercare delle affinità, delle somiglianze. Quante volte è capitato di conoscere una persona che troviamo interessante e si cerca immediatamente di trovare punti in comune? Così è anche per Elio: Ma furono la catenina d’oro e la stella di David con la mezuzah d’oro che portava al collo a dirmi che c’era qualcosa di più forte di tutto ciò che potesse volere da lui, perché ci legava e mi ricordava che, mente tutto cospirava per renderci essere più diversi del mondo, questo almeno trascendeva ogni differenza.

Ho riflettuto molto su questo passaggio, su questa somiglianza che Elio trova in Oliver, anzi questo similarità che li avvicina ancora di più. Essere ebrei significa far parte di una minoranza ed essere ebrei maschi attratti da persone dello stesso genere, significa far parte di una minoranza ancora più esigua. Eppure loro due si sono incontrati. Come se nell’universo così vasto e piena di incognite, quel momento perfetto avesse trasceso qualsiasi differenz e avesse messo davanti a loro due, proprio a loro, la copia uno dell’altro. Lo stupore di fronte a qualcosa di così raro, di fronte all’immensità di altre possibilità è assolutamente sbalorditivo. L’more poi in fondo è questo, trovare un altro che sembra proprio corrispondere in tutto e per tutto a te. Ed è stupefacente quando accade-

Leggo questa definizione di Elio:

Ripenso a quell’estate e non riesco a credere che nonostante i miei sforzi per convivere con il “fuoco” e il “mancamento”, la vita mi concedesse comunque momenti meravigliosi. L’Italia. L’estate. Il frinire delle cicale nel primo pomeriggio. La mia stanza. La sua stanza. Il nostro balcone, da cui il resto del mondo era escluso. Il venticello che mi portava gli aromi dl nostro giardino su per le scale fino in camera L’estate in cui imparai ad amare la pesca. Perché piaceva a lui. Ad amare la corsa. Perché piaceva a lui. Ad amare il polipo, Eraclito, il Tristano. L’estate in cui sentivo un uccello cantare, annusavo una pianta e percepivo la nebbia alzarsi da sotto i piedi nei caldi giorni di sole, poiché i miei sensi erano sempre allerta, automaticamente si fiondavano su di lui.”

Elio è tormentato dalla passione per Oliver che sente attraverso ogni poro della sua pelle, sente il fuoco e il mancamento eppure tutto gli appare meraviglioso. Sente ogni cosa che lo circonda con una tale precisione che è come se egli stesso fosse diventato parte di quello che lo circonda. Ogni suo pensiero è a lui, all’oggetto del proprio amore. Oliver.

La storia è un flusso continuo dei pensieri di Elio che oscillano tra l’abbandono totale alla passione e quella sensazione di inadeguatezza che sente “perché lui dovrebbe volere me” – che è la domanda tipica che qualsiasi adolescente si pone quando si innamora, non importa di chi, non importa di quanto sia piacevole o meno, si chiederà perché dovrebbe mai piacere ad un’altra persona. Quella sorta di insicurezza estrema prima e sfacciataggine del secondo dopo che accompagnano  qualsiasi amore in divenire. In questo Aciman è stato perfetto, la sua scrittura è riuscita a dipingere con una puntualità estrema quelle emozioni, quei momenti che sono allo stesso tempo paradiso e inferno insieme.

L’aspettativa è la tinta che colora maggiormente le pagine del libro. La sensazione più travolgente, infatti, che irrompe dalla lettura del suo romanzo è la cosiddetta fear of missing out, e cioè la paura di perdersi qualcosa, letteralmente di essere tagliati fuori.  Quante volte Elio si chiede e chiede a chi è intorno dove sia Elio? Cosa sta facendo Elio? E quanto questa sensazione che l’oggetto del nostro desiderio stia facendo chissà cosa lontano dai nostri sguardi è vera? Potremmo anche chiamare gelosia la sensazione che arriva subito dopo.

Ad un certo punto Elio inizia ad isolarsi, è indeciso se mettersi a piangere dalla disperazione oppure offrire una confessione disperata al suo amore del suo amore, allora è Oliver lo cerca e gli chiede cos’ha. Ho l’allergia, avevo risposto. Anch’io, aveva detto lui. Probabilmente è la stessa.

Questa stessa allergia è l’amore tra due uomini. Entrambi sanno che il loro sarà un amore nato già finito, con una data di termine già fissata, alla quale non si può derogare. Il loro amore non è previsto nella società del 1987. E come tutti gli amori ostacolati è ancora più forte degli altri e supera qualsiasi barriera. Ad un certo punto i due ragazzi si incontrano ed è l’amore e la passione che prendono il sopravento.

Da un’intervista di Aciman, vi riporto questo pensiero: Oliver – in un certo senso – resta più in ombra, e rimane una personalità inafferrabile. Perché per l’autore non possiamo mai conoscere davvero l’altro. Si può avere un’idea di ciò che dirà o farà, ma non sapremo mai come vive nel suo profondo. In questo modo – linearmente – Elio (e il lettore con lui) non saprà mai fino in fondo quale sarà la scelta definitiva di Oliver e il suo perché.

Questa cosa che quasi non fu mai ancora ci tenta.

Ecco cosa avrei voluto dirgli, ammette Elio in una delle pagine (e delle frasi) più belle di “Chiamami con il tuo nome”. Questa cosa che quasi non fu mai perché l’amore non sembra mai abbastanza: abbastanza intenso, abbastanza duraturo, abbastanza certo, abbastanza condiviso. Che quasi non fu mai perché l’amore tra Oliver ed Elio – come tutti gli amori che non riescono a trovare concretezza – non aveva futuro, progetti, socialità, certezza di essere vissuto nello stesso modo da entrambe le parti. Questa cosa che fu per me, ma forse non per te, Oliver, sembra straziare Elio. Per te – Oliver – fu una cosa che forse non fu mai. Non per me, perché ancora mi tenta.

Dal libro è stato tratto il film, pluripremiato, di Luca Guadagnino. Film che ho visto penso circa dieci volte e che ancora non mi ha stancato. E un film   sull’attesa dell’amore. Sulle schermaglie, sulla diffidenza, su qualcosa che si desidera tanto da averne una paura fottuta.

Ho avuto il piacere di conoscere Manuela D’ovidio che per il film ha seguito la produzione e Vanda Capriolo, l’attrice che ha interpetrato Mafalda, la tata-domestica di Elio , ed entrambe mi hanno confermato quello che dalla visione del film emerge: un film emotivamente ed esteticamente perfetto. Sugli attori non dirò molto, ma consiglio se posso di guardare la visione originale del film girato in diverse lingue, l’attore Timothée Chalamet è strepitoso, perfetto.

Chiudo con una frase di un grande filosofo napoletano: Massimo Troisi che calza con il libro Aciman alla perfezione.

L’amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui dall’altra, e gli sconosciuti si accorgono che vi amate. Chest’è.”

 

Chiamami col tuo nome

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Libro: Tre piani di Eshkol Nevo

L’amore per Tre Piani è stato progressivo, ad ogni nuova storia ho amato di più la precedente.

Gli intrecci in questo condominio di Tel Aviv non sono concentrici. Le tre storie hanno vita propria e i personaggi si sfiorano senza neanche mai parlarsi, eppure con una scrittura curata e attenta l’autore è riuscito a mantenere un filo teso che lega gli uni agli altri.
La prima storia si svolge al primo piano e il protagonista è Arnon, un papà che scopre una parte di sè violenta, aggressiva, incontrollabile. La sua bambina spesso va a trovare dei signori anziani che abitano di fronte, un giorno non torna perchè il “nonnno” affetto da un principio di Alzheimer non ricorda più la strada di casa. Durante la ricerca Arnon si troverà faccia a faccia con la sua ossessione.
Al secondo piano troviamo Hani. Lei mi è piaciuta tanto, la follia che accompagna la sua famiglia è uno spettro che sente addosso. Spettro che si allevia con l’arrivo di Eviatar, suo cognato che non vede da dieci anni. Lui si nasconde per fuggire ai creditori che lo cercano e chiede asilo in casa del fratello, sempre assente per lavoro. La solitudine di Hani sembra attennuarsi e tra i due nasce qualcosa di più della riconoscenza. Ma sarà vero o solo una proiezione della mente di Hani?
La terza storia del terzo piano mi ha completamente convinto sulla perfezione del romanzo. Dall’appartamento si va in un kibbutz, una giudice in pensione rimasta vedova va alla ricerca del figlio Arad. La ricerca la libererà finalmente dalla scelta del marito che non è mai stata la sua e per la quale ha pagato un prezzo altissimo.

L’intreccio compiuto e l’idea narrativa mi è piaciuta molto, anche più di quella adottata nella Simmetria dei desideri dello stesso autore e che lo ha lanciato nel panorama internazionale.
Dal libro è stato tratto un film con la regia di Nanni Moretti che non vedo l’ora di vedere. L’ambientazione romana non so se riuscirà a restituire quell’aria desolata e desolante, quel profondo senso di solitudine che pervade il condominio di Tel Aviv. In attesa del fil, leggere il libro è un ottimo modo per accorciare i tempi.

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Libri: Un cazzo ebreo di Katharina Volckmer

Parlare di questo libro mi risulta molto difficoltoso, probabilmente sarebbe stato meglio non averlo letto. Anzi, senza probabilmente. Perché questo è uno di quei libri che fanno male. Di quelli che per andare avanti nella lettura devi fare degli scatti di crescita vera e propria. Quelli che ti dicono cosa sei con una chiarezza e una spudoratezza tali che forse era meglio non saperlo. Anzi, senza forse.

La voce narrante è quella di una ragazza che racconta ad un tale dottore Seligman i suoi pensieri mentre lui sta operando su di lei. Parte così il flusso di coscienza che prende vita da un sogno erotico con Hitler e passa attraverso l’identità femminile, come anche la descrizione delle fragilità dei propri genitori, del rapporto con un amante sposato e con il quale lei divide una sessualità torbida e senza coinvolgimento emotivo, dei sexy toys giapponesi creati da uomini per soddisfare il desiderio maschile attraverso il corpo delle donne, della desolazione sociale di nascere e crescere femmina nella nostra società, della solitudine, della complessità della memoria collettiva tedesca che porta addosso il fardello delle colpe del nazismo, degli ebrei che sono sempre gli altri e della volontà finale proprio di quel “cazzo ebreo” che non ha nulla di erotico ma è solo il completamento del proprio corpo, forse finalmente ricongiunto al proprio io, una sorta di nemesi storica che se non ripara almeno rende giustizia per quello che si può oggi.

… ma persino adesso mi irrita come qualsiasi cosa, sempre, sia progettata attorno al cosiddetto corpo umano, il corpo dotato di cazzo, mettendo metà della popolazione a rischio di morte a causa degli oggetti quotidiani.

Ecco uno dei punti cruciali che ho letto diverse volte. Qui si riferisce espressamente a sextoys, ma in realtà vale per tutto quanto il resto. Il mondo è costruito a misura d’uomo, intenso come genere. Chi è diverso da quel genere specifico, vive in un mondo non a sua misura.

… quando ero più giovane pensavo sempre che il solo modo per superare davvero l’Olocausto sarebbe stato amare un ebreo. E non semplicemente un vecchio ebreo qualsiasi, ma uno fatto e finito, con i boccoli e lo zucchetto. Uno devoto e che sa leggere la Torah e non esce mai di casa senza un cappello nero.

Con coraggio non comune, l’autrice parla la pesantissima eredità lasciata sulle spalle dei tedeschi di oggi che è ancora poco affrontata, poco indagata, spesso rimossa e della quale anche noi in Italia dovremmo fare i conti prima o poi.

Ma credo che per avere un libro di questo tipo scritto in Italia da un’italiana e un italiano dovremmo attendere ancora un paio di decenni, se ci viene bene. Ho la sensazione che la morale cattolica nel quale siamo immersi, consapevolmente chi più chi meno, non ci permetta una tale profonda conoscenza  di noi stessi e quindi la conseguente rivolta. Il nostro corpo, degli uomini e delle donne, non è ancora una necessità che deve restare unito all’intelletto. Se ci va bene ci insegnano a prenderci cura dei pensieri femminili, ma si sottende sempre che in questo caso il corpo risponde ad altre regole, considerate ancestrali. Non c’è unione nelle donne tra quello che siamo e quello che desidereremmo essere. Non ci è permesso. L’eredità nazista è l’altro grande tema affrontato senza pudore, senza paura.

Ho finito qualche giorno fa e so già che lo rileggerò a breve, perché devo avere il tempo di digerire certi passaggi, di schivare la tristezza per l’impossibilità di essere felici in questo mondo, di capire quanto sia dissacrante e allo stesso liberatorio, non sentirmi più in colpa per colpe di altri o semplicemente perché sono nata nella metà e passa sbagliata.

Naturalmente è molto più facile essere religiosi se sei un uomo, ma non sono mai riuscita a capire come mai una donna single possa voler frequentare una chiesa, o qualsiasi altro tempio, dottor Seligman, nessuna religione che mi sia mai capitata di incontrare aveva qualcosa di carino da dire sulle donne.

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Libri: La canzone di Achille di Madeleine Miller

Ci sono amori che vanno oltre la vita, oltre la gloria, oltre gli egoismi oltre qualsiasi ostacolo umano o divino.

Ecco solo così, con questa premessa, si può affrontare e amare il primo ibro della Miller: La Canzone di Achille.

La storia è raccontata da Patroclo che nell’Iliade è un personaggio secondario e, in questo libro, diventa la voce narrante di un amore assoluto, quello tra lui e Achille. Meravigliosamente raccontata, l’infanzia tra i due si incrocia a Ftia, città natale del principe Achille, e sin da subito l’amicizia che li lega è qualcosa che va oltre il semplice sentimento tra due ragazzi.
Arriverà con l’adolescenza anche l’amore fisico, ma il punto centrale è l’assoluta passione che condivideranno per tutta la vita, almeno fino a quando gli dei permetteranno loro di vivere.
Ispirato ai due personaggi dell’Iliade, la seconda parte si focalizza su Troia e la guerra fa da sfondo alle loro vite. Eppure c’è qualcosa di più della tragedia che li attende.

La devozione di Patroclo si trasforma in eroismo pur di non far perdere ad Achille onore e gloria.
Achille, semidio, forse da per scontata la presenza di Patroclo e, a un certo punto, vinto dall’orgoglio smette di ascoltare le suppliche del compagno che lo invita a continuare a combattere per evitare altre morti innocenti. Achille non sa o non vuole comprendere e Patroclo combatterà per lui.
La potenza dell’amore è tutta lì. Quando si ama, si va oltre sè stessi.

Questa meravigliosa storia d’amore mi ha commosso profondamente, anche per la raffinatezza con la quale è raccontata. E’ avvolgente e calda e allo stesso tempo rude e senza pietà. Per chi ama le emozioni forti e intellettuali ecco il libro che fa per voi. Per chi invece ama i classici senza nessuna possibilità di interpretazione moderna, allora lasciate stare la Miller.

Buona lettura

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Libri: Le balene mangiano da sole di Rosario Pellecchia

Le Balene mangiano da sole di Rosario Pellecchia

Leggendo l’ultimo lavoro di Rosario Pellecchia, mi sono accadute tre cose che normalmente non succedono quando leggo un  libro:

  • FAME è la prima;
  • Voglia di MUSICA e voglia di PEDALARE è la seconda;
  • Abbinare il libro a degli ELETTRODOMESTICI è la terza.

Tutti i capitoli sono abbinati ad un piatto e con essi Genny, il protagonista, si relaziona, guarda le persone e consegnando proprio le varie pietanze (fa il rider) si avvicina quanto può agli altri. Quanto può non è tanto, Gennaro ha una ferita che gli attraverso il cuore. Napoli e Milano sono lì nei piatti ed insieme al calcio colorano il libro.

Genny pedala incessantemente in bici e ascolta musica, le due grandi coprotagoniste del libro. I consigli musicali di Genny e dei suoi amici sono tutti da seguire. Sulla bicicletta resto del parere che è il più grande mezzo di trasporto e comunicazione che esista e il libro ne è un ulteriore prova.

Ed, infine, una cosa STRANA, mentre leggevo pensavo al frigo, alla lavatrice, al forno, alla lavastoviglie, insomma mi venivano in mente tutte quelle cose che ci circondano e che ci hanno migliorato la vita senza quasi che ce ne accorgessimo, quelle cose che ci hanno regalato una vita leggera e che, spesso, diamo per scontate. Immaginate cosa sarebbero le nostre giornate senza lavatrice, trapano o auto? Ecco, si vive uguale ma con quanta più fatica!
Poi ho legato questo pensiero al libro.
Il libro è l’elogio delle piccole cose che ci circondano e che migliorano le giornate: i piccoli gesti di gentilezza, i sorrisi gratuiti, una pacca sulla spalla (quando si poteva), certi silenzi e certi sguardi di comprensione. Un’amicizia, un atto di fiducia, uno specchio d’amore dove riflettersi. Cose quotidiane che non fanno sommossa, ma che danno senso e che mi hanno ricordato che le “rivoluzioni gentili” sono le uniche che vale la pensa di portare avanti.
La storia non la racconto, leggete il libro e la scoprirete perchè ne vale la pena. In questo periodo di “grandi chiusure”, tangibili e metaforiche, trovare il coraggio di aprirsi è fondamentale per rinascere. Buona Lettura e Buona Rinascita a tutti noi.
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Progetto Invisibili 2021 – Libro: La lettrice di Čechov di Giulia Corsalini

Progetto Invisibili 2021 –

La lettrice di Čechov di Giulia Corsalini

La voce narrante di questo libro è quella di una badante ucraina di una quarantina d’anni che lascia una figlia e un marito malato per lavorare a Macerata dove accudisce un’anziana sola. Il conflitto che vive per essere un po’ di qua e un po’ di là è un discorso intimo che non diventa mai rabbia, è consapevolezza di un limite: quello dell’età, quello delle possibilità d’amore, quello della classe sociale, quello della capacità di insegnare, quello di non riuscire più a parlare con la propia figlia.
Non dico molto altro, non sarei capace di ripetere con la stessa delicatezza e lo stesso garbo utilizzato da Giulia Corsalini qualcosa in più su Nina, la protagonista.
Ho trovato questo libro spledidamente intimista, a tratti mi sono persino sentita in imbarazzo per quanto l’autrice sia riuscita a ridare l’immagine dei pensieri di Nina con una limpidezza cristallina.

Ho amato questo libro e il quasi colpo di scena finale è emozionante.

Non c’è un bacio, nè una scena qualsiasi che lontanamente assomigli a qualcosa di erotico, eppure non leggevo righe così profonde, segrete, inconfessabili da molto tempo. Un libro intenso che consiglio a chiunque voglia vedere aspetti della vita di persone che vivono molto vicino a noi e che nella maggior parte delle volte sono fuori dalla portata dei nostri occhi.
NIna è l’invisibile per eccellenza e merita di essere la prima protagonista del Progetto 2021.
Grazie alla libraia di Libreria Virginia e co. di Monza che mi ha consgiliato questa bellissimo libro.

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Le invisibili e gli invisibili – Progetto 2021

Le invisibili e gli invisibili

Un po’ in ritardo quest’anno, ma finalmente ho trovato il file rouge che mi accompagnerà nelle letture del 2021.

Chi sono le e gli INVISIBILI?

Sono tutte quelle persone che per vari motivi escono fuori dagli interessi letterari prevalenti. Che poi detta così sembra un vezzo culturale … in realtà il mio intento è trovare libri che parlino di donne e uomini che sono poco interessanti ad un primo sguardo e che, invece, osservati da vicino,  nascondono mondi e cieli tutti da scoprire. Perchè sono poco interessanti dalla maggioranza delle scrittrici e degli scrittori non saprei dire, ma sono sicura che come sempre i libri che arrivano al grande pubblico, che vengono pubblicizzati e spinti dalle case editrici, in fondo non sono che una minima parte e, molto spesso, non sono i migliori testi a disposizione. Quindi cercherò autrici e autori che parlano di:

  • donne in menopausa ( a 50 anni le donne smettono di essere donne e scompaiono dai libri come protagoniste )
  • badanti, camerieri, portieri, muratori, operaie … ( in genere avere un protagonista medico o manager è più facile, ma accidenti qualcuno deve pur parlare delle persone che hanno un lavoro comune! Si innamorano anche le operaie e i meccanici.)
  • i pazzi, i malati, gli anziani e tutti coloro che a vario titolo sono invisibili.
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Libri: Resto qui di Marco Balzano

Resto qui è un libro bellissimo. Da leggere.

Per quella mia fissazione, credo un po’ snob, di non leggere subito i libri che ancora prima di uscire sono già annunciati dalle case editrici ai quattro venti come i capolavori del secolo, avevo messo da parte Marco Balzano e il suo “Resto qui”. In attesa di tempi migliori cioè quando il clamore si calma e la lettura diventa meno mediata, mi ero poi dimenticata di lui, il libro. Poi a Natale, per fortuna, l’ho ricevuto in regalo. Era lì in libreria che mi chiamava e domenica l’ho aperto.
AMORE a prima vista!
Non l’ho potuto lasciare fintanto che non è finito. Il primo motivo è nella forma, è scritto benissimo. E insisto su questo punto, è scritto meravigliosamente bene. Beato Balzano che ha questo magnifico dono. Il secondo motivo è perchè avvicina una storia poco conosciuta dell’Italia fascista e postfascista che è quella dell’Alto Adige. Vale la pena partire da qua e poi, per chi vorrà, appronfondire perchè di quella storia di cancellazione di un’indentità e di ostinazione pervicace di un popolo a resistere contro i corsi e ricorsi della storia c’è ancora molto da dire e da conoscere. Su questo argomento anche Lilly Gruber ha scritto alcuni libri interessanti, ma di tagli diverso.
In RESTO QUI la voce narrante di TRINA, la protagonista, è forte e intimista. La storia della sua famiglia si muove attraverso il periodo del fascismo e della seconda guerra mondiale e con lei possiamo ripercorrere i sentieri di montagna e la vita dei masi e sopratutto rivedere il paese di Curon che sul finire della guerra sarà allagato da un’inutile diga costruita a monte del fuime che accarrezza la valle. L’immagine del campanile sulla copertina che riproduce il paese ormai sommerso è conosciuta e oggi Curon è metà di turismo immemore. Ma il libro ci riporta in un’altra dimensione, quella che si cela dietro ogni guerra, ogni rivolta o ogni sconvolgimento dei territori, la dimensione umana. Quella delle famiglie distrutte, delle vite separate, delle perdite insensate. Tutto questo vive TRINA ed è una voce talmente chiara e limpida che insieme  a lei possiamo sentire e vivere il dolore e la forza che la scuotono.
Solo un piccolo appunto che imputo alla giovane età dello scrittore: alla fine la storia di Trina è interrotta, ci sono dei fili che non si riannodano e restano sospesi. Una donna così risoluta è poco probabile che si fermi, specie quando può muoversi alla ricerca della figlia. L’autore mi è parso sul finale frettoloso o meglio concentrato sulle motivazioni che l’avevano portato a scegliere quel luogo per raccontare la sua storia e un po’ perso sulla sua Trina che fino alla penultima pagina è stata descritta meticolamente bene. Però è davvero solo un appunto.
Io resto qui è un libro da leggere assolutamente.

 

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Libro: La bruttina stagionata di Carmen Covito

La bruttina stagionata – 1992

Questo libro è uscito nel 1992 ed ha avuto un riscontro di pubblico notevole sin da subito. E’ arrivato a mie mani qualche anno dopo, grazie all’edizione economica Mondadori,nella versione che potete vedere nella foto.
Credevo parlasse della solita donna non particolarmente bella che un po’ si piange addosso, un po’ cerca di trovare marito, un po’ veleggia per l’indipendenza e invece ad attendermi trovai sulla soglia delle prime pagine Marilina e tutto cambiò.
L’ho amato alla fine degli anni Novanta, era una vera liberazione poter leggere di una quarantenne a suo modo risolta che, senza stare troppo a rimuginare sul suo aspetto, vive e porta avanti le sue passioni. Non se ne loda, nè si lamenta. Con una sana autoironia che spesso è il vero gemello della felicità va avanti e sulla sua strada trova o cerca uomini di varie gradazioni ( sociali, culturali, economiche e chi più ne ha, più ne metta).
Non pensa mai di sposarsi, cosa non scontata per il 1992, ma come può se la gode. Insieme a Marilina, in questa Milano da bere, quasi già tutta scolata perchè sta per arrivare Mani Pulite, possiamo conoscere un modo diverso di essere e alla fine anche molto piacevole perchè una persona che ci corrisponde, prima o poi, la si trova anche quando non la si cerca. Anche contro qualsiasi previsione in un mondo dove le bruttine stagionate sono pure invisibilità.

2020 – Altro anno significativo e rileggo il libro, scelto nel M Arte Sana Book Club e la Marilina che mi aveva illuminato vent’anni fa mi ha rischiarato ancora la mente.
Se guardiamo alla libertà di espressione, a quanto una donna possa dire liberamente di sè, quanto possa esprimere di quello che prova e di quello che vuole, fosse anche farsi esclusivamente una bella scopata con uno che conosce poco e che nemmeno si ha voglia poi tanto di approfondire,  è ancora oggi un tabù.
Ho letto centinaia di libri dopo la prima lettura della “Bruttina stagionata” e non ho trovato da altre parti, in altre righe una tale disponibilità e chiarezza di intenti, una tale spudoratezza.
Attenzione non sto parlando delle varie “sfumature di grigio” che sono un passatempo, parlo proprio della libertà di ciascuna di noi, bruttine stagionate odierne, di chiamare i nostri desideri con il loro giusto nome. Senza vergogna, senza pudori, veri o falsi, senza che qualche arcaico e viscerale senso di colpa ci faccia sentire poco perbene, senza che qualcuno ( maschi) ci incolpino di essere donne poco rette, per dirla all’antica.
La morale di Marilina è ancora oggi, per me, splendidamente condivisibile e confesso che vorrei vederla ancora all’opera tra cellulari, ipad e videocamere. Abbiamo ancora tanto bisogno di qualcuno che ci indichi la via per essere libere. Abbiamo ancora tanta strada da fare per essere libere.
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