Libri: La treccia di Laetitia Colombani

Questo libro mi ha catturato sin dalle prime pagine…

Probabilmente era il momento giusto per una romanzo di pura narrativa dopo tante letture di storie reali, biografiche e di saggi. Oppure probabilemente mi è piaciuto perchè è proprio un bel libro che intreccia tre storie di donne in modo mirabile e che in poche righe ti prende per mano e ti porta in India, per poi saltare a Palermo e infine approdare in Canada.

I capelli legano le storie di tre donne attraverso una treccia grande e la treccia di una bambina.

Mi sono ritrovata a fare il tifo per il viaggio di una, a sperare che l’amore potesse aiutare e sostenere un’altra e ad arrabbiarmi per l’ultima arrivata. Ma ho amato queste tre donne, così diverse, così lontane eppure così simili nella battaglia quotidiana per affermare sè stesse.

Leggetelo se vi piacciono le storie belle.
Leggetelo se vi piacciono le donne forti e indomite.
Leggetelo se amate le scrittrici che con poche parole sanno disegnare ampi panorami.

Leggetelo comunque perchè alla fine dona una bella sensazione di felicità.

cover

{lang: 'it'}

I libri del 2019

Finalmente sono riuscita a metterli in fila … Sono tanti o poco non so. Alcuni mi hanno profondamente colpito ( Febbre – Tre Piani e M,il figlio del secolo), altri meno, altri per niente.

 

Titolo Autori
1 American Snisper Chris Kyle, Jim De Felice, Scott McEwan
2 Archivio dei bambini perduti Valeria Luiselli
3 Becoming. La mia storia Michelle Obama
4 Boy erased : vite cancellate / Garrard Conley ; traduzione di Leonardo Taiuti Garrard Conley
5 Briciole di bellezza. Dialoghi di speranza per il futuro del Bel Paese Filippo Cannizzo
6 C’ERA UNA VOLTA UN CLANDESTINO (Policromia) Eltjon Bida
7 Cara Napoli Lorenzo Marone
8 Colazione al Cairo Mohamed Salmawy
9 Dimmi di noi Rebecca Quasi
10 Dolcissima abitudine Alberto Schiavone
11 Febbre Jonathan Bazzi
12 Fedeltà Marco Missiroli
13 Fuoco Roselina Salemi
14 Il bambino che sognava la fine del mondo Antonio Scurati
15 Il freddo dentro Lidia Ravera
16 Il giardino delle bestie Erik Larson
17 Il mistero van Gogh Costantino D’Orazio
18 Il racconto dell’Ancella Margaret Atwood
19 Io all’improvviso Federico Toro
20 L’Arminuta Donatella Di Pietrantonio
21 L’essenziale Jacques Attali
22 L’universo delle fragranze Raffaele Lauro
23 La gente felice legge e beve caffè Agnès Martin-Lugand
24 La nostra casa è in fiamme Greta Thunberg
25 La sfuriata di Bet Christian Frascella
26 La strada dritta Francesco Pinto
27 La verità negata Deborah Lipstadt
28 La vita bugiarda degli adulti Elena Ferrante
29 Lago Gerundo tra storia e leggenda Fabio Conti
30 Liberati della brava bambina Maura Gancitano, Andrea Colamedici
31 M. Il figlio del secolo Antonio Scurati
32 Metti a dieta la tua mente. Il metodo rivoluzionario per dimagrire usando il cervello Philippe Tahon
33 Morgana Michela Murgia, Chiara Tagliaferri
34 My Life President Bill Clinton
35 Nel nostro fuoco Maura Chiulli
36 Non me lo chiedete più Michela Andreozzi
37 Paura di volare Erica Jong
38 Perché essere felice quando puoi essere normale? Jeanette Winterson
39 Psicologia al tuo servizio. Migliora la tua vita psicoaggiornando il tuo sistema operativo cerebrale Alessio Rocco Ranieri
40 Qualcosa sui Lehman Stefano Massini
41 Resto umano Anna Paola Lacatena
42 Solo per vederti felice Rosario Pellecchia
43 Streghe Mona Chollet
44 Traslocando. È andata così Loredana Bertè
45 Tre piani Eshkol Nevo
46 Tutte le volte che ho pianto Catena Fiorello
47 Ventinovecento. Storie di anni Novanta e altre cose così: per ridere Rinomata Offelleria Briantea
48 Vita di Leonardo Bruno Nardini
49 Vivienne Westwood Vivienne Westwood, Ian Kelly
{lang: 'it'}

Libro: La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante

Sgombriamo il campo da fraintendimenti: La vita bugiarda degli adulti NON E’ L’amica geniale. 

Detto questo, eliminando così false aspettative, io ce le avevo, posso dire che l’ultimo lavoro della Ferrante è un buon libro. I temi affrontanti sono quelli cari all’autrice o all’autore, non c’è ancora certezza sull’identità di chi scrive anche se stringendo il cerchio si arriva dalla parti di Starnone e famiglia. Si parla di un’amicizia nata tra bimbe che a loro volta sono travolte da amori incrociati dei genitori. Nelle opere di Elena Ferrante l’amore è sempre ingovernabile e trascende la volontà umana, sia maschile che femminile. Il corpo accompagna le persone e talvolta è lo specchio dei tormenti interiori. Poi c’è l’aspetto che riporta al titolo, non eccelso sinceramente, che affronta la verità e la realtà. Quello che siamo e quello che vorremmo essere; figli difficili e complessi, quando non cattivi o sprezzanti, che si trasformano in genitori che cercano di dare il buon esempio e dietro questo esempio, dietro la facciata, Giovanna scopre che sua mamma e suo papà sono altro. La pubertà e l’adolescenza saranno segnati da questa “presa di conoscenza” che sarà aiutata molto dall’incontro con zia Vittoria, misconosciuta parente, che con il suo dialetto sguaiato dei bassi napoletani aprirà la nipote a antichi segreti veicolati attraverso un braccialetto che dalla copertina vaga lungo tutta la trama del libro fino alla fine. La solita stuola di personaggi accompagna Giovanna lungo la sua crescita, taluni convincenti, altri un po’ meno.

Non l’ho divorato come la quadrilogia precedente, non sono stata sveglia di notte, credo che anche per questo ne seguiranno altri, dovrà pur crescere Giovanna?!?, e ho avuto la triste sensazione a metà lettura che questo libro sia stato scritto in fretta perché il mercato premeva.

Detto questo e avendo altissime aspettative dopo i precedenti lavori di Ferrante, la lettura de La vita bugiarda non mi ha entusiasmato.  Se lo stesso libro fosse stato di un altro autore che non aveva una tale storia precedente, con probabilità mi sarebbe piaciuto molto ma questo l’ho trovato nella media.

Consiglio però di leggerlo ugualmente perché su un un punto Ferrante è imbattibile: riesce a mettere in luce quelle zone d’ombra che ciascuna anima umana possiede. Una volta individuato quel vulnus accende con la sua penna una luce gigantesca e illumina il più piccolo anfratto, per quanto purulento e doloroso esso possa essere. La totale assenza di qualsiasi pudore è così prepotente che, leggendo le sue righe, mi assale talvolta una sensazione di vergogna, di imbarazzo. Un turbamento nel quale ciascuno si può rispecchiare e capire qualcosa in più di sé.

cover_9788833571683_3057_600

{lang: 'it'}

Libri: C’era una volta un clandestino di Eltjon Bida

“C’era una volta un clandestino” è il libro che ha vinto il premio Books for Peace 2019 -Special Culture Award e dopo averlo letto, posso affermare che è un premio meritatissimo.

Eltjion Bida è uno dei tanti ragazzi albanesi che a metà degli anni ’90 fugge da un paese che fa fatica a riprendere le fila della democrazia dopo la caduta del sanguinoso regime comunista di Hoxha e, attraverso un viaggio in gommone, approda sulla sponda italiana dell’Adriatico.

Questo libro racconta la storia di quel ragazzo ma è qualcosa di più di un libro autobiografico. Il racconto degli incontri che fa Elty in Abruzzo e, poi, lungo la penisola da Brindisi a Milano dipingono perfettamente l’Italia di fine anni Novanta. La gente che si incontrava in treno, non c’era ancora l’alta velocità né i cellulari, ti parlava e aveva voglia di conoscerti, anche se eri straniero. Una cultura dell’accoglienza che oggi sembriamo aver smarrito. In quegli anni e da quel libro, l’Italia che emerge era ancora un paese ospitale.

Poi c’è la voce del protagonista che corre sul filo del buon umore e della speranza e che, con grande dignità, parla al cuore. Nonostante il lavoro massacrante, nonostante alcune scorrettezze subite, nonostante tutto, Elty va avanti e alla fine ce la fa.

Il clandestino lascia lo spazio all’albanese col permesso di soggiorno che a sua volta poi lascerà il posto all’uomo che oggi è diventato, che abita a Milano, sposato con un’insegnante madrelingua inglese e che vuole fare lo scrittore.

Ci riuscirà ancora Eltjion, ne sono certa, perché il libro ha necessariamente bisogno di un seguito. I tanti personaggi che lo popolano li lasciamo a metà strada e, la storia diventa talmente coinvolgente, che dobbiamo per forza sapere che fine ha fatto Sem, i fratelli clandestini che vivono con Elty e Sem nel vagone abbandonato. E Adriana dalla Germania? E Francesca?
Quindi in attesa che esca il seguito … iniziate a leggere  C’era una volta un clandestino perché fa bene all’umore e apre i cuori.

xcopertina.jpg.pagespeed.ic.kMyZmvp8Ip[1]

{lang: 'it'}

Libri per l’estate: tutti quelli di “Reading with joy”

L’estate 2019 ha un disperato bisogno d’amore: di parole sensibili, termini buoni, espressioni dolci, sorrisi nascosti sotto vocaboli, verbi che uniscono. Abbiamo bisogno di storie che ci facciano sognare e anche capire che la vita non è un “urlo verso l’altro”, che condividere e aprirsi, superare pregiudizi e imposizioni esterne, ci permette di amare e essere amati.

Allora TUTTI i 5 romanzi fino ad ora pubblicati da “Reading With Joy” sono perfetti e CONSIGLIATISSIMI per letture al mare, in montagna, in collina, in campagna, in pianura, in città e in tutti i paesi d’Italia e esteri.

Ecco i primi 3:

FUOCO di Roselina Salemi: intensa ed elettrica storia d’amore tra un’avvocatessa e un giovane manager dal passato oscuro. La travolgente passione che li spingerà uno verso l’altro farà loro superare le barriere che avevano eretto a difesa del mondo.

MISSING di Annalucia Lomunno: una rockstar scompare misteriosamente e due donne, pazzamente innamorate di lui, sono alla ricerca della soluzione del giallo o sono coinvolte nella scomparsa? Un thriller con sfumature noir e rosso come la passione.

IO ALL’IMPROVVISO di Federico Toro: una strada imboccata per distrazione porta su un sentiero impervio e arriva anche un temporale. Il momento che sembrava il peggiore cela invece un incontro che si rivelerà magia. La dolcezza di Betta è romanticismo allo stato puro.

Per Natalja e Voglio amarti vi dirò dopo agosto …

Capture Capture 1

{lang: 'it'}

Libri: “Resto umano” di Anna Paola Lacatena

AVVISO ai Signori Lettori e alle Signore Lettrici: Resto umano di Anna Paola Lacatena è un libro con una storia, vera, che TUTTI dovremmo leggere.

La storia di Mike è singolare e comune allo stesso tempo. Una bambina che già dall’infanzia non si ritrova nel suo corpo di femmina e cerca, come può, di affermare una sua identità. Ma la vita è dura per tutti, figurasi per chi è già “marchiato” come diverso, come altro, già alle elementari!
Ed è qui nella fase di crescita di Mike che possiamo ritrovarci … ognuno di noi ha una strada davanti e la percorre con i mezzi che ha. Quelli di Michela sono scarsi e segnati dalla rabbia, le strade sue sono difficili e pericolose divise tra tossicodipendenza e sieropositività, eppure lei le percorre e trova un sentiero che la rimetterà in piedi.
L’amore, quello vero, e l’unione con un’altra anima ferita le darà la forza per diventare Mike e di andare avanti.
Oggi Mike aiuta gli altri e, finalmente, la bellezza vera della sua anima è venuta a galla. In un corpo di uomo o donna, alla fine conta veramente poco.

Di Anna Paola Lacatena – sociologa giornalista, dirigente del dipartimento dipendenze patologiche della Asl di Taranto – vi consiglio di leggere tutto. In particolare se oltre alla storia, vi interessa anche uno sguardo tecnico e professionale.
In “Resto umano”, la seconda parte è dedicata alla disamina della legislazione attuale sul trattamento delle tossicodipendenze.

BUONA LETTURA e BUONA VITA

p.s. Chinaski editore è da seguire qui , un editore che merita attenzione

Resto umano

{lang: 'it'}

Libri: Ventinovecento della “Rinomata Offeleria Briantea”

La “Rinomata Offeleria Briantea” è un collettivo composto da quattro amici storici che decidono di scrivere un libro insieme. A quattro mani.
Siccome l’unico collettivo che conosco in Italia che funziona sono i Wu Ming, mi sono subito incuriosita. E ho fatto bene.

Ho letto il libro veloce e, necessariamente, saltando qualche pezzo. Incontravo gli autori dopo due giorni e volevo dire qualche parola con cognizione di causa. Poi dopo la lettura e l’incontro, ho dovuto lasciare indietro “le nozioni”  insieme alla “cognizione” perché tanto non mi sarebbero serviti.
Ascoltando le prime battute dell’editore Walter di Edizioni Paginauno e poi di due degli autori Rinomata Offeleria Briantea, emerge che Ventinovecento non è un romanzo “dalla linea classica”.
La storia che procede singhiozzando tra quattro protagonisti e rotola sulle gesta di questi adolescenti nella Monza degli anni Novanta. Una provincia ricca, molto ricca, anzi molto provincia che è anch’essa protagonista. Ma, come detto da uno degli autori, raccontare un libro somiglia a un paradosso. I libri si devono leggere. Poi ciascuno ne trae una sua storia e ne fa quello che vuole.
A questo punto ho abbandonato le classiche domande che si fanno alle presentazioni. Ho “smontato” l’idea che mi ero fatta del libro ( non proprio entusiasmante all’inizio) e sono passata a tradurre a parole le sensazioni che ho avvertito, quel qualcosa che ho intuito e ho trovato il filo … che non è in prosa ma procede così … a parole

destrutturato, punk, poco rock, sfigati, allegria forzata, risate per ridere, paura, fumo, cocaina (in tutte le versioni), spacciatori, auto, sportive, curve, figa, cultura, liceo, anni Novanta, power rangers, colloquio lavoro, internet, musica, tristezza, botto, anarchia, politica, modernità, noia, niente in quel niente, mani, quattro o otto, perché leggerlo, perché non leggerlo, valori, utilità, inutilità, morale e immorale, che palle, cazzo, vaffanculo, dolore, morte, bambini, solitudine, amicizia, amicizia che salva, amicizia che dura anche quando di mezzo c’è la mancanza, insieme comunque, giraffa

e ho deciso di rileggere il libro ché c’è molto di più che quello che vi ho scorto la prima volta.

La destrutturazione richiede un’enorme capacità e il Progetto della Rinomata Offeleria Briantea, forse anche a discapito di quanto si era proposto all’inizio, ce l’ha!

ventinovecento2

{lang: 'it'}

Libri: Briciole di Bellezza di Filippo Cannizzo

Lettura introduttiva dall’ “L’idiota” di Fëdor Dostoevskij

E io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno più in alto della liberazione dei contadini, più in alto dello spirito popolare, più in alto del socialismo, più in alto della giovane generazione, più in alto della chimica, quasi più in alto dell’umanità intera perché sono già un frutto, il vero frutto dell’umanità intera, forse il frutto più alto.

Ma sapete, sapete voi, che senza l’inglese l’umanità può ancora vivere; può vivere senza la Germania; può vivere anche troppo facilmente senza i russi. Sapete che l’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non si potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Non ci sarebbe più  nulla da fare! Tutto il segreto è qui, tutta la nostra storia è qui.

INTERVENTO: Ho letto il libro di Filippo Cannizzo e mi è piaciuto, parzialmente. Arrivata circa a metà del libro, ho iniziato ad avere delle perplessità. Mi sono posta delle domande per capire cos’è che mi avesse infastidito e cercherò di spiegare le conclusioni alle quali sono pervenuta.

Il libro è un viaggio tra le bellezze italiane. Qualsiasi tipo di bellezza. Si parte dalle bellezze puramente artistiche e architettoniche delle nostre meravigliose città e si approda davanti ad una tavola imbandita, fino ad arrivare alla meditazione davanti ad un bicchiere di vino. Tutte le tipologie di bellezze che, insomma, vengono riconosciute e attribuite a noi italiani ovunque andiamo. Un pregio certamente attribuibile al libro è quello di definire la bellezza in Italia come un’attitudine, un vero e proprio stile di vita.

Noi italiani, non solo siamo stati capaci di creare dei monumenti meravigliosi, opere d’arte bellissime ed eterne, noi italiani facciamo di più. Sappiamo fare di più. Perché il nostro stile di vita è uno stile di bellezza. Ed è talmente tanta la bellezza che ci circonda che spesso non ci accorgiamo che ci sia. Non so se vi è mai capitato di andare in abitazioni estere, a me è capitato, e spesso mi colpisce, non tanto la diversità, quanto la mancata armoniosità che trovo all’estero. In Italia tendiamo naturalmente all’armonia. Nelle nostre case, per esempio, anche le tendine alle finestre seguono un ritmo, un respiro che si accorda con quanto c’è intorno e che porta a stare bene. Se le nostre tavole non sono imbandite nel modo che riteniamo “giusto” nel senso di bello, non mangiamo bene. Il bicchiere, le posate e i tovaglioli devono essere sistemati in un certo modo, altrimenti è come se non stessimo bene, come se non potessimo mangiare nel giusto modo. Lo “stile italiano” ci permette di gustare meglio il cibo. Ecco che la bellezza diventa stile di vita e aumenta la qualità della vita stessa. Questa è la nostra bellezza.

Recentemente, la rivista US News ha stilato la classifica del 2017 dei Paesi più influenti culturalmente e l’Italia è stato incoronato il 1° paese nel mondo. E a pensarci bene c’è da stupirsi. Basta prendere un mappamondo qualsiasi per capire l’enormità del mondo e la piccolezza in termini di dimensione del nostro paese. Per quanto riguarda gli abitanti, siamo poco più di sessanta milioni e, in proporzione, su sei miliardi di persone che popolano il pianeta, siamo veramente un’inezia. Eppure noi ci siamo sempre quando si parla di Bellezza. Avere consapevolezza di questo primato è qualcosa di cui prendere atto in maniera seria e responsabile ed anche con una certa dose di orgoglio.

E adesso passiamo a ciò che del libro mi è piaciuto meno.

Si percepisce tra le pagine un certo senso di scoraggiamento. La civiltà occidentale è in un periodo storico particolare. Siamo in un momento di passaggio, un cambio di epoca che come ogni trasformazione si porta dietro incertezza e perplessità. Nel libro l’autore sostiene, a ragion veduta, che la bellezza in questo momento è offuscata, indica l’Italia come un paese abbandonato a se stesso e definisce i nostri monumenti come cadenti. La copertina del libro, a sostegno della tesi,  mostra una “torre  di avvistamento abbandonata” sull’isola di Lampedusa. Probabilmente abbiamo talmente tante cose da seguire, come patrimonio  artistico e culturale, che quanto sostiene l’autore è vero. Questo è un fatto. Però io dico che se questo è vero, questa visione di decadimento corrisponde a realtà, allora è vero anche il contrario. Se ci occupiamo di bellezza a qualsiasi livello, il decadimento nel senso di abbandono si arresta.

Siamo in questo momento in una sala bellissima, ci stiamo occupando di bellezza, siamo bellezza noi stessi per il solo fatto che ne parliamo, quindi, noi dobbiamo usare la bellezza, sì per dire che c’è tanto da fare, per ribadire che l’Articolo 9 della nostra Costituzione va perseguito, ma possiamo e dobbiamo farlo guardando avanti, guardando al futuro. Con gioia, se possibile. Aprendo a quello che verrà e a chi verrà. Apriamoci senza timori. Bisogna combattere la paura che è la forma di bruttezza peggiore e pericolosa che ci sia. Se io dovessi definire la Bellezza, la definirei come l’antidoto alla paura.

Attenzione! Questa frase va intesa proprio in senso letterale. La bellezza non è l’antidoto al Buono ma alla paura. Spesso abbiniamo ciò che è bello a ciò che è buono, ma ciò che è bello, non sempre è buono anche se siamo tentati e anche istintivamente portati a pensarlo. Spiego. Da ragazzina studiavo a scuola i fatti della Seconda Guerra Mondiale e venivo colta ogni volta dall’ansia. In particolare, quello che erano riusciti a fare i nazisti mi metteva addosso una paura terribile. Da adulta sono stata al campo di concentramento di Auschwitz ed ero terrorizzata al solo pensiero che lì dentro fossero accadute quelle cose, cose inenarrabili per le quali non  ho parole e, persino, faccio fatica a concepire come vere, accadute. Eppure i gerarchi nazisti più vicini ad Hitler, coloro quindi che avevano organizzato e perpetrato lo scempio nazista, in particolare Goering, erano dei grandi estimatori e avidi collezionisti di arte. Ecco che la Bellezza fa gola, interessa anche i “cattivi”. Allora c’è qualcosa che non torna? Cannizzo sostiene nel libro che “noi che rimaniamo umani” dobbiamo perseguire la Bellezza. Così dicendo e come se escludesse dal Bello, tutti gli altri, quelli non buoni, ma attenzione anche coloro che “non rimangono umani” talvolta perseguono la Bellezza. Allora questo è il salto di qualità che forse il giovane autore deve fare e farà tra qualche anno, con l’arrivo della maturità anagrafica e artistica. Assumere che la Bellezza è un patrimonio di tutti, buoni o cattivi che siano. Senza presunzioni. La Bellezza è amorale non immorale.

Non soltanto cioè di coloro che la rispettano o la esaltano, ma anche di coloro che non si accorgono che esiste, di coloro che la deturpano o che semplicemente non la comprendono, vuoi per ignoranza, vuoi per disinteresse. Se si accetta, anzi, se si digerisce questo concetto allora si cercherà di “rilanciare la Bellezza e le Bellezze italiane, non tanto cercando colpe e colpevoli del decadimento, ma puntando sul futuro e lavorando per esaltare tutto ciò che è possibile fare per diffondere il più possibile la cultura e la conoscenza”.

Personalmente faccio fatica ad accettarlo, ma altro modo non vedo per “sopravvivere” in questo momento alle ondate barbariche che fanno assomigliare il nostro tempo più all’alto Medioevo che al Rinascimento. Serviamoci dei barbari, asserviamoli ai fini della bellezza. E ricordiamoci che ciascuno di noi, seppur in diversa misura, è un barbaro. Ciascuno di noi, inoltre, può fare una cosa che reputa BELLA, almeno una nella giornata. La Bellezza declinata in briciole giornaliere potrà così diventare davvero patrimonio di tutti, con umiltà. Apriamoci al futuro. Guardiamo avanti.

La Bellezza ci traguarderà ad essere ancora più “italiani”. Non nel senso di “noi per primi” a prescindere dalle capacità e dai talenti, ma nel senso di perseguire “il nostro stile di vita” fatto di bellezza. Se ci riusciremo, il futuro sarà nostro.

Bussero, 23 Marzo 2019

 

Briciole di bellezza di Filippo Cannizzo

{lang: 'it'}

Libri: Fedeltà di Marco Missiroli

Se avessi potuto dividere il due questo libro, avrei preso la prima parte e l’avrei consigliata a tutti e, con la seconda, avrei fatto un plico e l’avrei inviata all’autore chiedendo la cortesia di provare a riscriverla o tra trent’anni o quando gli sarebbe tornata l’ispirazione. C’è una profonda discrepanza tra le due parti e ho avuto la sensazione che la seconda fosse stata terminata in fretta, come se ci fosse premura per chiudere il libro. Non ho idea se l’urgenza fosse dell’autore o della casa editrice., resta il fatto che c’è.

Ritornando al libro, la storia si insinua in una crepa che all’improvviso si apre in un matrimonio. Un professore giovane e a contratto viene trovato con una studentessa nel bagno dell’università. Si giustifica con tutti sostenendo di averla aiutata perché stava male. E’ una bugia, ma lui la ripete a tutti. Nello stesso tempo la moglie prova uno strano desiderio misto a disagio ad ogni tocco di un giovane fisioterapista. E’ quel momento fotografato in maniera perfetta dall’autore. E’ il momento nel quale in una coppia la passione travolgente inizia a raffreddarsi, a diventare un principio di abitudine. Quello che c’è stato fino allora tra i due è stato fuoco, poi piano piano l’incendio si placa. Nella testa dei protagonisti è una realtà difficile da accettare, la comprendono, sanno che è un momento che deve arrivare, ma non riescono a trovare la chiave per vivere insieme il passaggio ad un’altra dimensione della coppia. Sono giovani e i loro corpi reclamano altro. Il “malinteso” del professore diventa un’ossessione, il fisioterapista della moglie si traduce in un frettoloso rapporto. Poi trovano una strada per andare avanti; insieme decidono per un figlio, da soli decidono di avere più corpi femminili lui, un’amicizia pluriennale con il fisioterapista lei. Sempre nella prima parte sono delineate con precisione due figure che diventeranno, poi, protagonisti della seconda parte. Il fisioterapista farà i conti con la sua omosessualità e con il desiderio di “vivere la violenza” che lo pervade e al quale non sa dare argine. La mamma di lei che da sarta di periferia si trasformerà nell’unica capace di comprendere segreti e sbandate che la vita propone a ciascuno lungo la via della maturità. La via di lei mostrata, la “comprensione” o accettazione è un respiro profondo che è possibile sentire. Per il resto, la maturità che avrebbe dovuto coinvolgere gli altri non è pervenuta. C’è una sorta di limbo nel quale restano incastrati il professore e la moglie. Nessuno dei due si decide a crescere. E “il malinteso” va ben oltre il tempo di un malinteso. In questo il libro ha la pecca peggiore. Perché cerca di dare una risposta dove invece c’è solo immaturità, anche dell’autore. Questi due eterni grandi adolescenti che si rifiutano di diventare adulti, che guardano gli altri sempre come se il mondo fosse centrato su di loro. Mi è risultato ripetitivo, e pure un po’ noioso, nelle parti nelle quali il professore e, di tanto in tanto, la moglie, sono lì a farsi domande, le stesse, da anni. Mi veniva voglia di scuoterli, ma essendo personaggi di carta non ho potuto farlo. All’autore invece una scossa se potessi la darei. Scrivere così bene e banalizzare la fine di un libro partito con tante promesse, è peggio che se fosse stato scritto e raccontato male sin dall’inizio.

Fedeltà - Massiroli

{lang: 'it'}

Libri: Nel nostro fuoco di Maura Chiulli

Urticante, inesorabile, bruciante come solo certe opere di vera poesia sanno essere. E fanno male.

Il libro “Nel nostro fuoco” di Maura Chiulli è insieme un viaggio nel dolore e un salto nel vuoto. Quando ci si ferma, quando si atterra si può riprovare a vivere, ma arrivare dall’altra parte, in un sè maturo è una lotta senza esclusioni di colpi. E nella lotta per diventare finalmente adulti, il nostro peggior nemico siamo noi stessi.

La scrittrice riesce ad entrare nell’anima, anzi come suggerisce il titolo, nel fuoco dei due protagonisti e ci restituisce un racconto diretto che descrive le paure e le solitudini di Tommaso e di Elena. Il loro amore amplierà il terrore di Tommaso che davanti alla disabilità e al silenzio di Nina, la loro bambina, fuggirà.

La trama del libro è qui: Hacca Edizioni ma credo questo libro vada letto, oltre che per la storia che racconta, sopratutto perché la voce della scrittrice è un urlo che merita attenzione. In un panorama letterario, spesso votato al buono, in certi casi all’annacquato, questo libro è prezioso, diretto, persino brutale. Eppure è vero. Essenziale. Abbiamo bisogno di scrittrici che sappiano scavare così nell’animo umano, che abbiano il coraggio di nominare emozioni cattive che ci portino all’estremo per poi afferrarci e riportarci indietro.
Sono ipnotizzata dalla lettura proprio come capita davanti ad uno spettacolo di fuoco. Impaurita e attratta, allo stesso tempo.
Maura Chiulli è una scrittrice di estremi, può non piacere certo, ma è necessario leggerla. E’ importante che abbia voce e forza, per noi lettori sopratutto.

Chiulli-OKMC

{lang: 'it'}