Libri: Briciole di Bellezza di Filippo Cannizzo

Lettura introduttiva dall’ “L’idiota” di Fëdor Dostoevskij

E io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno più in alto della liberazione dei contadini, più in alto dello spirito popolare, più in alto del socialismo, più in alto della giovane generazione, più in alto della chimica, quasi più in alto dell’umanità intera perché sono già un frutto, il vero frutto dell’umanità intera, forse il frutto più alto.

Ma sapete, sapete voi, che senza l’inglese l’umanità può ancora vivere; può vivere senza la Germania; può vivere anche troppo facilmente senza i russi. Sapete che l’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non si potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Non ci sarebbe più  nulla da fare! Tutto il segreto è qui, tutta la nostra storia è qui.

INTERVENTO: Ho letto il libro di Filippo Cannizzo e mi è piaciuto, parzialmente. Arrivata circa a metà del libro, ho iniziato ad avere delle perplessità. Mi sono posta delle domande per capire cos’è che mi avesse infastidito e cercherò di spiegare le conclusioni alle quali sono pervenuta.

Il libro è un viaggio tra le bellezze italiane. Qualsiasi tipo di bellezza. Si parte dalle bellezze puramente artistiche e architettoniche delle nostre meravigliose città e si approda davanti ad una tavola imbandita, fino ad arrivare alla meditazione davanti ad un bicchiere di vino. Tutte le tipologie di bellezze che, insomma, vengono riconosciute e attribuite a noi italiani ovunque andiamo. Un pregio certamente attribuibile al libro è quello di definire la bellezza in Italia come un’attitudine, un vero e proprio stile di vita.

Noi italiani, non solo siamo stati capaci di creare dei monumenti meravigliosi, opere d’arte bellissime ed eterne, noi italiani facciamo di più. Sappiamo fare di più. Perché il nostro stile di vita è uno stile di bellezza. Ed è talmente tanta la bellezza che ci circonda che spesso non ci accorgiamo che ci sia. Non so se vi è mai capitato di andare in abitazioni estere, a me è capitato, e spesso mi colpisce, non tanto la diversità, quanto la mancata armoniosità che trovo all’estero. In Italia tendiamo naturalmente all’armonia. Nelle nostre case, per esempio, anche le tendine alle finestre seguono un ritmo, un respiro che si accorda con quanto c’è intorno e che porta a stare bene. Se le nostre tavole non sono imbandite nel modo che riteniamo “giusto” nel senso di bello, non mangiamo bene. Il bicchiere, le posate e i tovaglioli devono essere sistemati in un certo modo, altrimenti è come se non stessimo bene, come se non potessimo mangiare nel giusto modo. Lo “stile italiano” ci permette di gustare meglio il cibo. Ecco che la bellezza diventa stile di vita e aumenta la qualità della vita stessa. Questa è la nostra bellezza.

Recentemente, la rivista US News ha stilato la classifica del 2017 dei Paesi più influenti culturalmente e l’Italia è stato incoronato il 1° paese nel mondo. E a pensarci bene c’è da stupirsi. Basta prendere un mappamondo qualsiasi per capire l’enormità del mondo e la piccolezza in termini di dimensione del nostro paese. Per quanto riguarda gli abitanti, siamo poco più di sessanta milioni e, in proporzione, su sei miliardi di persone che popolano il pianeta, siamo veramente un’inezia. Eppure noi ci siamo sempre quando si parla di Bellezza. Avere consapevolezza di questo primato è qualcosa di cui prendere atto in maniera seria e responsabile ed anche con una certa dose di orgoglio.

E adesso passiamo a ciò che del libro mi è piaciuto meno.

Si percepisce tra le pagine un certo senso di scoraggiamento. La civiltà occidentale è in un periodo storico particolare. Siamo in un momento di passaggio, un cambio di epoca che come ogni trasformazione si porta dietro incertezza e perplessità. Nel libro l’autore sostiene, a ragion veduta, che la bellezza in questo momento è offuscata, indica l’Italia come un paese abbandonato a se stesso e definisce i nostri monumenti come cadenti. La copertina del libro, a sostegno della tesi,  mostra una “torre  di avvistamento abbandonata” sull’isola di Lampedusa. Probabilmente abbiamo talmente tante cose da seguire, come patrimonio  artistico e culturale, che quanto sostiene l’autore è vero. Questo è un fatto. Però io dico che se questo è vero, questa visione di decadimento corrisponde a realtà, allora è vero anche il contrario. Se ci occupiamo di bellezza a qualsiasi livello, il decadimento nel senso di abbandono si arresta.

Siamo in questo momento in una sala bellissima, ci stiamo occupando di bellezza, siamo bellezza noi stessi per il solo fatto che ne parliamo, quindi, noi dobbiamo usare la bellezza, sì per dire che c’è tanto da fare, per ribadire che l’Articolo 9 della nostra Costituzione va perseguito, ma possiamo e dobbiamo farlo guardando avanti, guardando al futuro. Con gioia, se possibile. Aprendo a quello che verrà e a chi verrà. Apriamoci senza timori. Bisogna combattere la paura che è la forma di bruttezza peggiore e pericolosa che ci sia. Se io dovessi definire la Bellezza, la definirei come l’antidoto alla paura.

Attenzione! Questa frase va intesa proprio in senso letterale. La bellezza non è l’antidoto al Buono ma alla paura. Spesso abbiniamo ciò che è bello a ciò che è buono, ma ciò che è bello, non sempre è buono anche se siamo tentati e anche istintivamente portati a pensarlo. Spiego. Da ragazzina studiavo a scuola i fatti della Seconda Guerra Mondiale e venivo colta ogni volta dall’ansia. In particolare, quello che erano riusciti a fare i nazisti mi metteva addosso una paura terribile. Da adulta sono stata al campo di concentramento di Auschwitz ed ero terrorizzata al solo pensiero che lì dentro fossero accadute quelle cose, cose inenarrabili per le quali non  ho parole e, persino, faccio fatica a concepire come vere, accadute. Eppure i gerarchi nazisti più vicini ad Hitler, coloro quindi che avevano organizzato e perpetrato lo scempio nazista, in particolare Goering, erano dei grandi estimatori e avidi collezionisti di arte. Ecco che la Bellezza fa gola, interessa anche i “cattivi”. Allora c’è qualcosa che non torna? Cannizzo sostiene nel libro che “noi che rimaniamo umani” dobbiamo perseguire la Bellezza. Così dicendo e come se escludesse dal Bello, tutti gli altri, quelli non buoni, ma attenzione anche coloro che “non rimangono umani” talvolta perseguono la Bellezza. Allora questo è il salto di qualità che forse il giovane autore deve fare e farà tra qualche anno, con l’arrivo della maturità anagrafica e artistica. Assumere che la Bellezza è un patrimonio di tutti, buoni o cattivi che siano. Senza presunzioni. La Bellezza è amorale non immorale.

Non soltanto cioè di coloro che la rispettano o la esaltano, ma anche di coloro che non si accorgono che esiste, di coloro che la deturpano o che semplicemente non la comprendono, vuoi per ignoranza, vuoi per disinteresse. Se si accetta, anzi, se si digerisce questo concetto allora si cercherà di “rilanciare la Bellezza e le Bellezze italiane, non tanto cercando colpe e colpevoli del decadimento, ma puntando sul futuro e lavorando per esaltare tutto ciò che è possibile fare per diffondere il più possibile la cultura e la conoscenza”.

Personalmente faccio fatica ad accettarlo, ma altro modo non vedo per “sopravvivere” in questo momento alle ondate barbariche che fanno assomigliare il nostro tempo più all’alto Medioevo che al Rinascimento. Serviamoci dei barbari, asserviamoli ai fini della bellezza. E ricordiamoci che ciascuno di noi, seppur in diversa misura, è un barbaro. Ciascuno di noi, inoltre, può fare una cosa che reputa BELLA, almeno una nella giornata. La Bellezza declinata in briciole giornaliere potrà così diventare davvero patrimonio di tutti, con umiltà. Apriamoci al futuro. Guardiamo avanti.

La Bellezza ci traguarderà ad essere ancora più “italiani”. Non nel senso di “noi per primi” a prescindere dalle capacità e dai talenti, ma nel senso di perseguire “il nostro stile di vita” fatto di bellezza. Se ci riusciremo, il futuro sarà nostro.

Bussero, 23 Marzo 2019

 

Briciole di bellezza di Filippo Cannizzo

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